Biblioteca del Giornale Orario
LA TELEGRAFIA SENZA FILI
Razionalmente spiegata ai profani da ORESTE ANGELINI
Giornale Orario Corso Umberto,1 ROMA
Circa 1903
Caratteristica delle propagazioni in rapporto al mezzo
Il fenomeno della propagazione delle onde elettriche a grande
distanza sembra ai profani un fatto tanto astruso che io credo
utile rendere chiara l'idea di un così logico risaltato.
I fenomeni elettrici, a somiglianza di quelli luminosi, si mani-
festano e propagano anche nel vuoto, ossia là dove vi è assenza
d'aria. Se ne deduce che il mezzo di propagazione dei suddetti
fenomeni dev'essere un corpo contenuto nello spazio anche sidereo,
giacché la luce delle stelle giunge a noi a traverso plaghe nelle
quali l'assenza dell'aria è accertata. Questo corpo incolore, im
ponderabile ed elasticissimo è stato chiamato " etere cosmico. „
Esso è adatto a vibrare con inconcepibile rapidità: difatti ci
trasmette le colorazioni rosso e violetto, le quali sono la risul-
tante di un movimento vibratorio di più trilioni di onde al
secondo.
Nei fenomeni di propagazione la densità del mezzo nel quale
essi avvengono ha naturalmente un valore essenziale. A parità
d'impulso più è denso il mezzo, minore è la distanza a, cui giunge
il movimento vibratorio relativo.
Di fatti, osservando l'ondulazione prodotta alla superfìcie del
mare in istato di calma, dallo scoppio di una torpedine, noi la
vediamo cessare ad. un paio di chilometri dal luogo dell'esplosione ;
le onde sonore generate da un colpo di cannone di. media portata,
s’ammorzano ad otto o dieci chilometri di distanza, la luce di
un faro; invece, è ben visibile anche a circa 20 chilometri di
distanza, e lo sarebbe di più se la curva della terra non impe-
disse di vedere al di là dell'orizzonte relativo all'altezza del faro
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stesso. Ora se noi compariamo le tre differenti propagazioni con-
siderate. troveremo che il limite di distanza risulta assolutamente
sproporzionato all'energia generatrice del movimento vibratorio.
Lo scoppio della torpedine, il colpo di cannone, rappresentano
energie ben differenti da quella della fiamma, sia pure intensifi-
cata da lenti dei fanali a petrolio usati nei fari. Tanta spropor-
zione di effetto è però spiegabilissima.
L'acqua è assai più densa e pesante dell'aria; questa lo è
infinitamente più dell'etere cosmico, che abbiamo detto essere il
mezzo di trasporto delle vibrazioni luminose e di quelle elettriche.
E già parrebbe chiaro il fenomeno della irradiazione delle onde
elettriche fino alle distanza raggiunte dal Marconi col suo sistema.
radiotelegrafìco.
L'impulso generato dalle stazioni ultra-potenti, ad es., pos-
siamo paragonarlo in fatto d'intensità a quello d'indole diverso
ma di valore pressoché uguale di un colpo di cannone; quindi
l'onda elettrica irradiandosi a mezzo dell'etere, che è infinitamente
più elastico dell'aria, deve propagarsi nello spazio a distanze di
gran lunga maggiori.
Nella diffusione dei movimenti oscillanti (onde sonore, lumi-
nose, elettriche, calorifiche) una condizione di capitale importanza
è necessaria allorché si tratti di voler raggiungere le maggiori
distanze possibili con emissioni continue. Bisogna che la lunghezza
d'onda e il periodo o tempuscolo nel quale questa onda compie
la sua duplice vibrazione di andata e ritorno, sieno sempre per-
fettamente eguali ; in una parola occorre che il movimento vibra-
torio abbia sempre la stessa altezza. Così il moto di andirivieni
delle vibrazioni consecutive non si contrasta, anzi si coadiuva.
Se noi gettiamo nell'acqua allo stato di calma, subito un dopo
l'altro due ciottoli di differenti dimensioni, vedremo le onde pro-
dotte dal ciottolo più grande cozzarsi con quelle generate dal più
piccolo e sparire ad una distanza dal centro in cui i sassi sono
caduti, inferiore a quella cui sarebbero giunte se si fosse lasciato
cadere nell'acqua solo il ciottolo più grande. Il caso si ripete
anche quando il succedersi delle onde originarie avvenga con
frequenza irregolare o con rapidità superiore alla velocità di
propagazione consentita dal mezzo nel quale esse debbono irradiarsi.
È quindi necessario che tale rapidità sia in esatto rapporto
diretto con la elasticità del mezzo ambiente, sempre al fine di
raggiungere un raggio di propagazione massimo.
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Noi sappiamo che l'etere cosmico è elastico per eccellenza e
non pesante ; troveremo logico quindi che la rapidità o frequenza
del fenomeno elettrico impulsivo, debba essere un massimo pos-
sibile perché le onde elettro magnetiche si seguano, coadiuvan-
dosi, con la stessa vivacità con la quale si propagano. E veniamo
infine ad un'ultima considerazione, la quale varrà a prepararci
ancora meglio alla persuasione del fenomeno radio-elettrico, dal
quale ha tratto partito il Marconi.
Come si propaghino i fenomeni elettrici.
induzione elettrica.
Un noto esperimento elettrostatico ci dimostra che i fenomeni
elettrici si manifestano solo alla superficie dei corpi conduttori,
e così una teoria spiega che quelli elettrodinamici ossia dell'elet-
tricità in movimento (corrente elettrica) si propagano pure alla
superfìcie dei medesimi. Dai profani s'interpreta inesattamente
tale affermazione scientifica. Non è, nello stretto senso della pa-
rola, la superficie del corpo conduttore che sì elettrizza, ma è la
massa d'etere che le è aderente e la circonda, che, relativamente
alla intensità del fenomeno suscitato, vibra attorno e lungo tutto
il conduttore, il quale non è che la guida di questo movimento on-
dulatorio. Anzi, in realtà, il conduttore non è che un assorbente.
Questo rudimentale accenno giova a renderci più chiaro il feno-
meno della induzione elettrica che si verifica fra circuiti paralleli.
Su quello passivo (indotto) hanno luogo delle correnti istantanee,
la cui intensità è proporzionale a quella della induttrice, alla lun-
ghezza dei conduttori paralleli ed in ragione inversa del quadrato
della distanze. Esse si propagano con moto inverso a quello della
corrente induttrice allorché questa comincia od aumenta ; con moto
diretto, vale a dire dello stesso senso, quando cessa o diminuisce,
Un fatto per noi rimarchevole nei riguardi delle correnti indotte
ed in perfetto accordo con quanto abbiamo già detto a propo-
sito della propagazione delle onde elettriche è il seguente : la
intensità della correrne indotta, permanendo tutte le altre con-
dizioni, aumenta in ragione della radice quadrata con l'aumen-
tare- entro certi limiti - della rapidità di carica e scarica del con-
duttore inducente ed in rapporto diretto con l'esattezza del periodo
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relativo. Noi troviamo in ciò analogia perfetta con la propaga-
zione dei fenomeni luminosi. La colorazione rossa, che è il ri-
sultato di 514 trilioni di vibrazioni è visibile, a maggiore distanza
della luce verde, le cui vibrazioni raggiungono appena il bilione
al secondo.
Riassumendo: troviamo che per produrre il fenomeno indut-
tivo a distanza notevole occorre ottenere un movimento elettrico
inducente oscillante, ossia celerissimo e alternato ed assoluta-
mente uniforme sia nella intensità come nel periodo. La mec-
canica non poteva direttamente corrispondere a questo scrupoloso
e rapido frazionamento; ma l'elettricità risolve con mezzo sem-
plicissimo l'importante questione di produrre un fenomeno im-
pulsivo rapidissimo ed uniforme, quale è necessario, perché le
vibrazioni elettriche sieno di natura adatta alla estrema sensi-
bilità del mezzo che deve propagarle a distanze notevoli. Alcune
congetture, ormai abbattute dai risultati sperimentali, volevano
trovare nella convessità della terra e nella irregolarità della sua
frastagliata superficie, un ostacolo assoluto alla propagazione
delle onde elettriche altrimenti dette hertziane, dal nome del gio-
vane fisico che per primo fece oggetto del suo studio le ricerche
sperimentali su tale questione. Disponendo delle intense energie
irradianti di cui nelle più recenti applicazioni transoceaniche
del Marconi, l'effetto della irradiazione anche indiretta permane
sufficiente. Rifatti non abbiamo noi il giorno chiaro prima che
il sole sia visibile? Non vediamo bene nell'interno delle nostre
stanze anche quando guardano a tramontana e il sole è coperto
dalle nubi?
Gli è che la retina del nostro occhio è sufficientemente sen-
sibile anche all'azione indiretta delle vibrazioni luminose del sole,
la cui potenza irraggiante è anch'essa adatta ad una intensa pro-
pagazione.
Nella telegrafia senza fili noi dobbiamo dunque ottenere:
lo Un'impulso irradiante notevole. 2° Che l'indole vibratoria
di tale impulso sia confaciente alla estrema, leggerezza ed ela-
sticità del mezzo di propagazione e perfettamente uniforme nella
intensità e nel periodo. 3° Un organo di ricevimento sensibile
al massimo grado.
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Organi principali della telegrafia senza fili
Gli organi principali della radiografia, sono: II filo d'aria
o antenna; l'oscillatore; il rocchetto Ruhmkorff; l'interruttore;
il coherer o tubetto sensibile ovvero il detector o rivelatore ma-
gnetico.
Organi di trasmissione.
Il filo d'aria.
E un conduttore di rame elettrolitico (cioè puro), il quale si
eleva ad una altezza che varia in ragione della radice quadrata
della distanza fra le due stazioni corrispondenti per ,un coeffi-
ciente relativo alla sensibilità dell'apparato ricevente, coefficiente
ridotto appena a 0.01 con l’uso del detector (rivelatore). Siccome
per le correnti oscillanti, dette anche ad alta frequenza, è più
utile una maggiore superficie del conduttore che una minore
resistenza specifica del suo elemento costitutivo, così al fine di
aumentare naturalmente la prima, senza diminuire la maneg-
giabilità del conduttore, il Marconi ricorse all' impiego di fili
multipli accoppiati in quantità, usando per le stazioni ultrapo-
tenti fino a 100 conduttori di uguali diametro, disposti a padi-
glione nel senso perpendicolare alla congiungente delle due sta-
zioni comunicanti, e collegati in superficie, ciò che vuoi dire uniti
fra di loro in alto e in basso.
La resistenza di questo complesso conduttore è insignificante,
ciò che torna anche utile nel caso del ricevimento per aumentare
la intensità delle correnti, che debbono influenzare il tubetto sen-
sibile o il detector.
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Questi padiglioni presentano inoltre una maggior superficie
esposta all'azione delle onde provenienti dalla stazione lontana.
Le onde elettro-magnetiche, quelle cioè che producono il
fenomeno d'indurre una certa forza elettro-motrice nei condut-
tori a distanza, sono dei circoli aventi il centro lungo il filo
aereo trasmittente, sul quale avvengono le oscillazioni elettriche
impulsive. E perciò necessario che questo, e quello della stazione
di ricevimento siano presso a poco paralleli, perché risulti mas-
simo il numero delle linee di forza magnetiche che colpiscono il
filo ricevente di una data lunghezza, e di conseguenza sia migliore
il ricevimento. La posizione verticale del filo di trasmissione ha
pochissima influenza però dal iato dell'irradiazione, giacché la
sua limitata lunghezza essendo infinitesimale rispetto alla no-
tevole distanza a cui sono raccolte le onde, esso può considerarsi
un punto anziché una linea d'irradiazione.
Ma siccome è necessario che il filo multiplo, o padiglione
usato come ricevente, presenti la maggiore superficie al piano
orizzontale di propagazione delle onde elettro-magnetiche, ed è
economico adoperarlo alternativamente per trasmettere o ricevere
così risulta opportuno, anche per sottrarlo alla influenza della
capacità della terra, tenere verticale il filo radiatore o padiglione
Marconiano. Una condizione è però assolutamente necessaria : e
cioè che fra il filo di trasmissione e quello di ricevimento non
si frappongano ostacoli a loro vicini, quali potrebbero essere
l'albero, il fabbricato, ecc. Soddisfatto a questa esigenza, le co-
municazioni non sono turbate da corpi conduttori adiacenti
anche se in contatto con la terra, purché non vicini a meno di
4 o 5 metri dal filo aereo, in ispecie quando questo è usato per
trasmettere. In tal caso potrebbero scoccare scintille fra il filo
stesso e il corpo vicino, di qualunque natura esso sia, con evi-
denti alterazioni della propagazione elettro-magnetica. Nelle sta-
zioni sintoniche, e cioè accordate fra loro in modo che non pos-
sano essere disturbate dalla funzione di altri uffici radio-telegrafici,
è .sempre più necessario usare fili d'aria lisci, ossia non costi-
tuiti da più conduttori ritorti insieme a mo' di canapo. Le cor-
renti ad alta frequenza, fra le quali spicca quella generatrice del
fenomeno radio-elettrico, risentono notevolmente gli effetti del-
l'auto-induzione (induzione di una corrente su sé stessa), e dap-
poiché questo nocivo fenomeno, che le correnti alternate susci-
tano intensamente, ostacola il movimento oscillatorio in modo
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massimo quando il filo sul quale ha luogo è ritorto a spire anche
molto allungate, così, nel caso della sintonia, dovendosi tener
conto della self-indution (auto-induzione) .del filo aereo, è neces-
sario, come abbiamo detto, usare conduttori lisci.
I tratti orizzontali del filo aereo sono da evitarsi per effetto
del parallelismo con la superfìcie della terra, che, per la sua
grande capacità, altera le condizioni elettriche di un conduttore
ad. essa parallelo. È così necessario ridurre ad un minimo possi-
bile la distanza dell'albero che lo sostiene dal fabbricato della
stazione, il quale dovrà trovarsi sempre ad un 4: o 5 metri dal
filo aereo per impedire che fra questo e le pareti di quello, scoc-
chino scintille, dannose alla corrispondenza.
L'isolamento elettrico del conduttore aereo è condizione in-
dispensabile variando con esso la sua capacità e quindi il ritmo
oscillante. Il suo attacco di sospensione dev'essere per ciò pro-
tetto da isolatori per altissime tensioni, e in identiche condizioni
deve trovarsi la ritenuta che serve ad assicurarlo in basso. L'en-
trata del filo in stazione dev'essere curata in modo che esso at-
traversi le pareti del fabbricato per un foro di diametro almeno
doppio della lunghezza della scintilla usata, al fine di impedire
che avvengano scariche perturbatrici fra la periferia del foro e
il filo. Questo, nel percorso attraverso il foro praticato nella pa-
rete della stazione, è protetto da un tubo di ceralacca fissato nel
centro del disco di vetro che serve a chiudere l'apertura anzi-
detta.
Il Marconi ha pel primo rilevato che la funzione delle sta-
zioni ultrapotenti risultava migliore di notte. Egli ritiene che
tale fatto sia dipendente dalla diselettrizzazione parziale del con-
duttore aereo per effetto della luce.
La ragione di un tale fenomeno potrebbe anche essere la se-
guente : di giorno l'etere è già in intensa vibrazione per effetto
della luce solare, quindi la facilità di propagazione delle onde
elettromagnetiche è contrariata da un fenomeno d'interferenza
dovuto all'intersecarsi delle due radiazioni: quella solare, e quella,
elettromagnetica generata dalle stazioni ultrapotenti.
Difatti di notte la luce di una grande lampada ci risulta in-
tensa, mentre che di giorno tale intensità di luce artificiale si
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ecclissa presso a poco come accade per una lampada che di notte
risulti meno intensa.
Vi è una palese analogia fra questo confronto e quello di due
stazioni radiotelegrafiche, una delle quali sia ultrapotente (quella
nella quale il Marconi ha constatato un notevole affievolimento
della funzione giornaliera rispetto a quella rigorosamente not-
turna) e l'altra per distanze medie. Una lampada ad arco, di notte,
da una luce visibile a distanza molto maggiore di quella a cui
è visibile un lume a petrolio ordinario. Di giorno invece la dif-
ferenza di luce delle due lampade è appena notevole, ciò che ri-
duce quasi alle stesse condizioni i due ben differenti impulsi lu-
minosi, con scapito massimo per la luce più intensa della lam-
pada ad arco.
Una giovane teoria ci spiega che il fenomeno luminoso è
anch'esso d'indole elettro-magnetica ; dunque risulta sempre più
logico che la stazione ultra-potente subisca di giorno una mag-
giore riduzione de' suoi effetti, rispetto a quelli che risente una
.stazione radiografica per distanze medie.
L’ oscillatore.
E costituito da due sfere di ottone perfettamente levigate,
disposte sullo stesso asse e sostenute da colonnine di vetro cera-
laccato perché risultino ben isolate l’una dall'altra e dal suolo.
Esse possono essere allontanate e avvicinate a volontà al
fine di aumentare o diminuire la scintilla elettrica che deve scoc-
care fra di loro. La funzione frazionatrice dell'oscillatore è im-
portantissima. Abbiamo detto che con i. mezzi meccanici di cui
disponiamo, sarebbe impossibile ottenere la rapidità di oscilla-
zione necessaria perché il moto vibratorio elettrico riesca rela-
tivo alla immensa elasticità dell'etere cosmico. Se con una mac-
china, elettrica di quelle che tutti avranno visto — a disco di
vetro girante fra cuscinetti strofinatori in seta -— carichiamo una
delle due sfere dell'oscillatore tenendo l'altra sfera e l'altro polo
della macchina alla terra, il cui potenziale elettrico ha un va-
lore assolutamente trascurabile, vedremo ben presto scoccare una
vivace scintilla fra la sfera carica e quella in comunicazione col
suolo. Essa però non è in realtà una scintilla unica, ma è il com-
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plesso di bilioni e trilioni di altre brevissime e perfettamente
uguali se netta e brillante risulta la prima.
Tanta rapidità ed esattezza di oscillazione elettrica scuote
l'etere nelle condizioni più adatte perché le vibrazioni, coadiu-
vandosi, si propaghino il più lontano possibile con intensità suf-
ficiente. Una sfera è unita al filo d'aria e ad un estremo di un
potente rocchetto d'induzione — di cui appresso —- l'altra è. con-
giunta al filo di terra e contemporaneamente con l'altra estremità
del rocchetto indicato. Perché le scintille, che scoccano senza inter-
ruzione fra le sfere dell'oscillatore quando si abbassa il tasto tra-
smettitore, risultino, come è necessario, sempre nette e nudrite,
occorre badare alla forbitura delle sfere nella parte affacciata, e
mantenere l'ambiente ben secco, privo cioè di umidità. Se lo stato
igrometrico dell'atmosfera che avvolge l'oscillatore non è ottimo
o abbastanza buono, la carica elettrica di una delle due sfere, che
dovrebbe dar luogo al prodursi della scintilla (scarica), si disperde
sia, attraverso il velo umido che attornia l'oscillatore, sia pas-
sando sotto forma di corrente attraverso il medesimo dalla sfera
carica all'altra.
Rocchetto Ruhmkorff.
Abbiamo considerato la funzione dell'oscillatore attivato da
una macchina elettrostatica al solo scopo di stabilire la ragione
del suo impiego.
L'uso però della macchina anzidetta, non è praticamente ap-
plicabile alla telegrana senza fili, che ha bisogno di una conti-
nuità di scintilla all'oscillatore, durante tutto il tempo in cui il
tasto trasmettitore resta abbassato.
A ciò ben provvede invece il rocchetto Ruhmkorff sussidiato
dall'interruttore di cui appresso. Abbiamo già accennato ai feno-
meni dell'induzione fra conduttori o circuiti paralleli; ora, rile-
viamo come questi fenomeni induttivi sieno più intensi quando
sono coadiuvati da concomitanti azioni magnetiche. Avvolgendo
due fili conduttori ricoperti di sostanze isolanti (filo di seta p. es.)
sopra un nucleo di ferro puro e dolce, cioè ben. cotto (il ferro
dolce obbedisce più prontamente all'azione della corrente elet-
trica, o del magnetismo) e lanciando una corrente sull'uno si pro-
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duce nell'altro una corrente indotta istantanea inversa, ossia dì
senso contrario alla prima. All'atto in cui quella corrente indut-
trice s'interrompe, ha luogo sul filo indotto o .secondario una
nuova corrente dello stesso senso della prima. Il nucleo di ferro
nel momento in cui si magnetizza ed allorché si smagnetizza, in
seguito all'azione della corrente induttrice che percorre il primo
filo detto primario, ed al suo interrompersi, produce a sua volta
un'altra corrente sul secondo filo, che abbiamo chiamato indotto,
la quale, avendo ognora nei due casi considerati lo stesso senso
di quelle indotte per effetto immediato della corrente induttrice
cui abbiamo già accennato, si somma alle medesime raddoppian-
do quasi l'intensità.
Se i due fili, primario e secondario, hanno la stessa sezione e
lunghezza, la corrente indotta avrà intensità e tensione pressoché
eguali a quella della inducente; ma se il primario sarà costi-
tuito da due o tre strati di filo avvolto, di sezione abbastanza
grossa e quindi, di pochissima resistenza, e quello secondario sarà
invece formato di molti strati di filo sottilissimo, avremo che la
corrente indotta presenterà agli estremi del medesimo una dif-
ferenza di potenziale, ossia una tensione elettrica (impulso più o
meno naturale che ha l'elettricità di propagarsi e che è diretta-
mente proporzionale alla differenza di potenziale a cui si tro-
vano i due estremi di un circuito) molto maggiore di quella che
presenta agli estremi del filo primario la corrente che vi abbiamo
lanciato.
Tale differenza sarà più notevole al momento in cui la cor-
rente primaria verrà interrotta, in ispecie se l'interruzione sarà
ben netta, susseguendosi a periodi adatti a far sì che la mede-
sima raggiunga, ciò che non è un fatto istantaneo, l'intensità
massima relativa alla forza elettromotrice che la genera. Questa
ci è data poi dalla maggiore o minore potenza della pila usata..
Una grande tensione elettrica permette di vincere una grande
resistenza, e siccome l'aria, specialmente se ben secca, è il corpo
più cattivo conduttore, così ne deduciamo che la funzione det
rocchetto Ruhmkorff, col quale possiamo ottenere notevoli ten-
sioni della energia indotta nel secondario, è propria a creare, in
relazione alle interruzioni sul suo primario, una differenza di
potenziale fra le sfere dell'oscillatore, alle quali sono uniti gli-
estremi del suo indotto. Differenza sufficiente perché essa possa
vincere, producendo la scintilla, la elevata resistenza di più mi-
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lioni di Ohms (unità di resistenza elettrica) presentata dallo spazio
d'aria compreso fra i punti tangenti delle sue sfere.
Scorgiamo a priori che se la scintilla; all'oscillatore è il mo-
vente della propagazione elettro-magnetica, della quale ci serviamo
per influenzare il ricevitore della stazione corrispondente, sarà
necessario che essa sia continua quando il tasto col quale si
trasmette resta abbassato. Noi sappiamo però che le correnti in-
dotte e quelle suscitate nel secondario e che provocano lo scoc-
care della scintilla all'oscillatore sono appunto di tale natura -
hanno luogo soltanto al momento della chiusura e dell'apertura
del circuito inducente - il fìlo primario del rocchetto, nel caso
nostro. Operando sul medesimo direttamente col tasto noi non
avremmo all'oscillatore che una scintilla all'atto in cui lo abbas-
siamo ed un'altra al momento dell'alzata, scintilla anche scadente
per effetto della poca istantaneità dei due movimenti, i quali
non possono essere ognora nettamente effettuati. Il ricevitore
non registrerebbe così che dei punti uno al principio l'altro alla
fine di ciascuno dei segnali morse costituenti le lettere. Ciò po -
trebbe forse, vagliando le distanze fra i vari punti impressi sulla
striscia dell'apparato di ricevimento, permettere 1' interpretazione
delle varie lettere trasmesse, ma ciò risulterebbe un lavoro dif-
ficile e per varie ragioni incerto. Occorre dunque far coadiuvare
i movimenti regolatori del tasto da un'azione sussidiaria, che ci
produca, mentre esso è tenuto abbassato, un continuo succedersi
di chiusure ed aperture del circuito primario del rocchetto.
L'interruttore.
A tal fine il Marconi incluse in detto circuito, che comprende
una pila di circa. 20 volts di forza elettro motrice {f. e. m.), un. in-
terruttore il quale con la sua funzione rapida (entro un limite
relativo alla maggiore o minore intensità della corrente usata, al
fine già accennato di ottenere che questa abbia il tempo, propor-
zionale all' intensità stessa, di raggiungere il suo valore normale)
1
1 L'intensità della corrente sul primario del rocchetto varia dai 6 agli
8 ampères.
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netta ed uniforme, mantiene continua la, scarica o scintilla all'oscil-
latore. L'interruttore può essere elettro-magnetico o meccanico.
Il primo è applicato allo Stesso rocchetto Ruhmkorff e si usa,
per la sua semplicità, sempre che la distanza di corrispondenza
non richieda la funzione di quello meccanico, il quale è più adatta
per rocchetti di maggior mole ossia capaci di produrre maggiori
differenze di potenziale alle sfere dell'oscillatore.
Quello elettro-magnetico è costituito da un'ancoretta di ferro-
dolce fissata ad una molla e affacciata ad una delle estremità del
nucleo magnetico del rocchetto. Detta molla è in comunicazione-
eol fulcro del tasto; l'ancoretta, a mezzo di una vite che la preme
da tergo, è in corrispondenza con uno dei capi del primario del
rocchetto, l'altro estremo del quale è fissato ad un polo della pila.
di trasmissione. L'altro polo della medesima è in. comunicazione
con 1' incudinetta anteriore del tasto, costituita da un pezzo me-
tallico portante un cilindretto di platino (poco fusibile) con il quale
va a fare a contatto un secondo cilindretto fissato alla leva del ma-
nipolatore quando questo viene abbassato. Per effetto di tale ab-
bassamento e del contatto dell'ancoretta con la vite posteriore
succitata, il circuito anzidetto risulta chiuso, il nucleo del roc-
chetto si magnetizza e l'ancoretta viene attratta. Essa interrompe
così il suo contatto con la vite posteriore e quindi apre il circuito
primario del rocchetto.
Cessa di conseguenza.; col cessare del passaggio della corrente,
la magnetizzazione del nucleo, l'ancoretta sollecitata dalla molla
torna a far contatto con la vite che le sta a tergo ed il circuito
si chiude di nuovo. Ciò si ripete sempre con celere andirivieni
dell'ancoretta finché il tasto è abbassato, movimento che, provo-
cando chiusure ed aperture del circuito primario del rocchetto,
produce all'oscillatore un succedersi continuo di scintille.
L'interruttore meccanico ha lo stesso ufficio.
Sull'asse di un motorino elettrico giuoca un eccentrico che
porta una punta. Questa, nei suoi movimenti di alzata e caduta
va a pescare o si eleva dal mercurio contenuto in una sotto-
stante ampollina. Il mercurio è in comunicazione col fulcro dei
tasto e la punta, per mezzo dell'asse del motorino, è collegata
ad un estremo del ripetuto circuito primario del rocchetto. Quando
essa pesca nel mercurio il detto circuito risulta chiuso ; nel caso
contrario viene interrotto. Questo movimento, di rapidità rego-
labile col moderare la velocità del motorino, produce come nel-
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l'interruttore elettro-magnetico lo scoccare continuo delle scin-
tille all'oscillatore. Il mercurio nell'ampollina è coperto da uno
strato di liquido isolante (alcool, petrolio, ecc.), il quale ha lo
scopo di ridurre un poco la scintilla, che si produce sempre fra
gli estremi di un circuito che viene interrotto e di ottenere che
essa non si produca nell'aria, dove gli effetti della combustione
essendo maggiori la punta si deteriorerebbe più presto.
Fra, questa e il mercurio è messo in derivazione un conden-
satore che ha l'ufficio di rendere quasi nulla la scintilla che scocca
fra la punti, e il mercurio a causa dall'extra-corrente di aper-
tura; corrente indotta sullo stesso circuito da quella che s'in-
terrompe ed alla quale si somma, come abbiamo detto, perché
dello stesso senso.
Quanto abbiamo fin qui elementarmente descritto riguarda
nelle sue linee generali la trasmissione.
Organi ricevitori.
Ora entriamo ad esaminare gli organi del ricevimento. Essen-
ziali anzitutto sono il coherer nel caso del ricevimento con la
macchina Morse (radiografia) ; il detector o rivelatore magneticum
ed il tubetto Castelli nel caso del ricevimento al telefono (ra-
diofonia).
Il coherer o tubetto sensibile è basato sul seguente principio.
Le polveri metalliche per la imperfezione elettrica della loro
massa, imperfezione dovuta alla poca adesione fra le innumere-
voli particelle che la, formano, offrono al passaggio della cor-
rente una resistenza elevatissima. Questa risulta però notevol-
mente modificata quando un' onda elettrica colpisce ed orienta,
come si dice tecnicamente, le particelle che costituiscono la pol-
vere metallica.
L'italiano Calzecchi intuì e sperimentò pel primo questa logica
proprietà delle polveri di tale natura, sulla quale il Branly fece
studi interessanti.
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II coherer Marconi è a polvere di. nichel e di argento in parti
uguali contenute in un tubetto di vetro nel quale è prodotto il
vuoto. Chiuso a fuoco impedisce che l'aria umida 1 filtrando
nel suo interno alteri le proprietà eléttriche della polvere in esso
contenuta.
La polvere è compresa fra due cilindretti di argento, che rap-
presentano gli elettrodi o conduttori di contatto del tubetto. La
quantità della polvere ed il vuoto hanno influenza sulla sensi-
bilità del medesimo, che, oltre certi limiti superati da un vuoto
eccessivo e da poca quantità della polvere, diviene poco adatto
ad una facile regolazione degli organi di registrazione.
La quantità di polvere di argento ha influenza sulla sensi-
bilità del coherer., quella di nichel sulla sua decoerizzazione, ossia
prontezza a ritornare, se scossa dopo l'azione dell'onda elettrica,
nel primitivo stato di poca, conducibilità. A questo scopo perché
la polvere sia ben libera di muoversi quando è scossa, bisogna
che non risulti pigiata fra gli elettrodi del tubetto, la superficie
dei quali, in ispecie quella a contatto con la polvere, dev'essere
ben levigata.
Abbiamo detto che un'onda elettrica orienta le particelle della
polvere rendendo così la loro massa molto più conducibile. Tale
stato acquisito non muta però spontaneamente e perché la pol-
vere torni a presentare la primitiva resistenza al passaggio della
corrente, occorre che il tubetto venga scosso.
Trembleur o vibratore Relais.
Provvede a tale necessità una specie di martelletto elet-
trico detto trembleur che percuote il tubo non appena l'azione
dell'onda elettrica lo ha reso buon conduttore. Se quest'organo
mancasse il coherer resterebbe definitivamente tale, ossia buon
conduttore, quindi insensibile al cessare o riprendere del movi-
mento oscillatorio proveniente dalla stazione che trasmette.
Il coherer fa parte di un circuito nel quale è compresa una
pila ed un soccorritore o relais telegrafico. Questo apparecchio
1 L'aria umida è un discreto conduttore dell'elettricità.
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a ragione di una perfetta costruzione e per avere gli elettro ma-
gneti polarizzati, e cioè sottomessi alla costante influenza di una
calamità permanente, risulta molto più sensibile di un apparato
telegrafico Morse. Mentre questo ha poi l'aggravio di dover im-
primere i segnali sulla striscia, l'altro non ha che l'ufficio di far
muovere un leggerissimo pezzo di ferro, che spostandosi fra due
viti vicinissime, funziona da tasto, ossia chiude e apre con i suoi
movimenti il circuito nel quale è compresa la macchina scrivente
ed una pila di 6 o 8 volts di f. e. m. L'intensità di corrente, la
cui unità dì misura è chiamata ampère, è proporzionale alla
f. e. m. della pila o generatore ed in rapporto inverso con la re-
sistenza del circuito sul quale l'energia elettrica si propaga. Per
far funzionare un buon relais basta l'intensità di 1/1000 di ampère
ed anche meno, per ottenere invece la registrazione alla Morse
occorrono almeno 10 milliampères.
Ora perché il coherer possa dare luogo ad una siffatta varia-
zione d'intensità occorrerebbe adoperare una pila troppo potente ;
mentre per esso vi è una f. e. m. critica di appena 1 volt oltre
la quale resta permanentemente sensibilizzato, ossia buon con-
duttore.
Ma non solo bisogna por mente a tale riguardo ; è necessario
ancora badare alla intensità della corrente che traversa la pol-
vere, giacchè al di là di un milliampère, il tubetto si deteriora pron-
tamente, Quindi al Marconi nacque l'idea di far azionare dal tu-
betto un apparecchio sensibilissimo, il relais, dando a questo
l'incarico di far funzionare a sua volta la Morse.
Quando un'onda colpisce il filo aereo e v'induce una certa
f. e. m. (che non raggiunge 1, 5 volts) il coherer diviene buon
conduttore ed allora l'intensità della corrente della pila inclusa
nel circuito tubetto-reais, da qualche microampères (1/100000 di am-
père') sale a circa 1 milliampères e ciò provoca l'attrazione dell'anco-
retta del relais, la quale, come abbiamo detto, va così a chiudere
il circuito dell'elettro-calamita della macchina Morse e di quella
del trembleur. Questo attrae allora il suo martelletto il quale va
a battere sul coherer facendo tornare le polveri allo stato primi-
tivo e riducendo così ad un minimo inefficace l'intensità della
corrente che le traversa. L'ancoretta del relais torna allora al con-
tatto di riposo e la macchina Morse cessa di produrre il segno.
Se però il tubetto è colpito da una serie di onde consecutive,
allora la decoerizzazione (stato di minima conducibilità) si suc-
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cede per effetto dei colpi del trembleur alla coerizzazione verifica-
tasi per l'influenza delle onde, il relais fa vibrare la sua anco-
retta, la quale cagiona, finché vibra, una relativa funzione della
macchina Morse.
Questa per la sua maggiore inerzia magnetica non obbedisce
in modo assoluto al movimento vibrante dell' ancoretta del relais,
ma traccia un segno continuo sulla striscia; fatto desiderabile
per la maggiore chiarezza del segnale.
Cessando con l'influenza delle onde P azione modificatrice del
coherer che l'ultimo colpo del trembleur lascia allo stato di mi-
nima conducibilità, l'ancoretta del relais torna allo stato di ri-
poso e la macchina Morse interrompe l'impressione del segnale.
Risulta chiara così la perfetta relazione fra la durata delle
vibrazioni causate dalla manovra del tasto nella stazione trasmit-
tente, e la lunghezza del segnale prodotto sulla striscia della
macchina Morse della stazione di ricevimento.
L'uso del coherer a polvere richiede 1' azione del trembleur, il
quale, dovendo colpire con molta uniformità il tubetto, complica.
abbastanza la regolarizzazione del relais.
Tubetto Castelli.
Il tubetto del semaforista italiano Castelli è invece autode-
corizzante, e cioè presenta il vantaggio di tornare spontanea-
mente al primitivo stato di poca conducibilità, non appena cessa
l'influenza dell'onda elettrica. Le sue variazioni di resistenza
sono però inferiori a quelle dei tubetti a polvere, lo che co-
stringe, per la piccolezza della variazione di corrente che pro-
duce nel circuito di cui fa parte, a non poterlo usare per atti-
vare il relais telegrafico che soccorre, come abbiamo veduto, la
macchina scrivente. I segnali Morse, costituiti da combinazioni
di punti e linee, sono da un orecchio esercitato ben distinguì-
bili al telefono, il quale non richiede per funzionare che una
intensità di corrente molto, ma molto inferiore a quella neces-
saria per far muovere l'aucoretta del relais telegrafico più sen-
sibile. Col tubetto Castelli il ricevimento si effettua appunto
ascoltando al telefono il caratteristico battito dei singoli segnali.
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Anch'esso è di vetro, però fra i due elettrodi, che sono invece
di ferro o carbone ben levigati e bruniti, contiene una goccia di
mercurio di circa 2 millimetri di diametro. Allo stato normale
la goccia non aderisce perfettamente ai due elettrodi, ma il so-
praggiungere di un'onda la dilata - forse - stabilendo così un
contatto meno incerto, dal che deriva un piccolo aumento della
intensità nel circuito di cui esso fa parte insieme ad uno o due
elementi di pila (2 volts circa in tutto) ed al telefono di ricevi-
mento. Susseguendosi le onde, tale aumento e la conseguente
diminuzione si ripetono producendo al telefono un suono che può
essere paragonato al battito, acceleratissimo beninteso, di un
piccolo orologio da tasca. La funzione intrinseca di questo tu-
betto può ritenersi dipendente, come abbiamo detto, da un moto
vibratorio della pallina, dovuto appunto al fatto della sua dila-
tazione per effetto calorico al sopraggiungere di ogni onda ed alle
scariche contemporanee invisibili fra l'elettrodo unito al filo d'aria
e la pallina, e poi fra questa e l'altro elettrodo. Queste scariche
sono favorite dalla stessa dilatazione del mercurio e dal vapore
mercuriale che si sprigiona man mano fra gli elettrodi, in ispecie
con alte temperature dell' ambiente esterno. Difatti in tali con-
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dizioni termiche i tubetti Castelli risultano più sensibili, e col-
l'aumentare delle medesime perdono la loro caratteristica anto-
decorizzante perché appunto il mercurio rimane permanente-
mente dilatato.
Riassumendo, noi riteniamo che questo tubetto funzioni a
mo' di un minuscolo oscillatore la cui sfera centrale di metallo
liquido si dilata per effetto della carica prima e poi del calore
prodotto dalle scintille fino ad aderire meglio ai due elettrodi,
chiudendosi così il circuito del telefono. Può essere anche, e
questa ci pare una più esatta intuizione del fenomeno, data la
piccolezza della variazione elettrica sensibile solo al telefono,
che il circuito si chiuda attraverso le minuscole scintille che
scoccano, e che sono conducibili, come la fiamma, ma in modo
minimo.
Ambedue i tipi di tubetto, quello a polvere e quello Castelli,
presentano però difficoltà di manutenzione ed incertezza di ef-
fetti: l'umidità, l'insensibilezza, la posizione influisce sul loro
funzionamento, la più leggera ossidazione degli elettrodi li rende
inservibili.
Detector.
L'istrumento più sicuro per la ricezione radiofonica è il
detector del Marconi.
Se un nucleo di fili di ferro dolce, sul quale sia avvolto a
più spire un conduttore ricoperto dì materia isolante, muove
lentamente e con molta regolarità in un campo magnetico ge-
nerato dalla vicinanza di una calamità permanente (l'acciaio ben
temperato e quindi calamitato conserva lungamente le proprietà
magnetiche) resta soggetto ad una continua e dolce variazione
magnetica. Questa per la sua graduale modifica non produrrà
nel filo avvolto sul nucleo fenomeni d'induzione elettrica sen-
sibili, neppure al telefono che è il più delicato rivelatore elet-
trico subito dopo l'apparecchio che andiamo illustrando. La man-
canza di apprezzabili effetti elettrici indotti nel filo è ben na-
turale, dappoiché la loro intensità è relativa al valore della va-
riazione magnetica eccitatrice in un tempo brevissimo; condi-
zione insussistente nel caso considerato.
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Inoltre, quando il ferro è soggetto ad una graduale varia-
zione magnetica, esso ritarda il relativo cambiamento del suo
magnetismo indotto, lo che da luogo al fenomeno chiamato iste-
resi. Il quale altro non è che una specie di. resistenza o inerzia
del ferro a rispondere prontamente alle variazioni cui è sot-
tomesso.
Le onde hertziane - da Hertz che eseguì pel primo ricerche
scientifiche sulla loro propagazione - rendono però il ferro do-
cile alle variazioni magnetiche graduali. Ora le manifestazioni
radioelettriche dette anche oscillazioni elettriche, ovvero onde
ad alta frequenza e di cui abbiamo fin qui parlato non sono
altro che le anzidetto onde hertziane. La vivacissima alternanza.
delle medesime mantiene le molecole del ferro in uno stato di
continua tendenza ad orientarsi, annullando quasi la forza coer-
citiva del ferro, il quale resta così anche più obbediente alle
influenze magnetiche cui essa forza altrimenti fa contrasto.
Il rivelatore magnéticum del Marconi è basato appunto su.
questo assunto. Sopra un nucleo di fili di ferro sono avvolti due con-
duttori ricoperti; uno di pochissima resistenza e molto breve im-
mediatamente girato sul nucleo stesso, l'altro più lungo e sottile
avvolto sopra il primo.
Gli estremi del filo corto e più grosso sono in comunicazione,
uno col filo d'aria, l'altro con la terra.
I capi del secondo si congiungono ai serrafili del ricevitore
telefonico. La f. e. m. indotta nel filo aereo dalle onde che lo col-
piscono fa percorrere il conduttore primario - quello corto, eco., -
da correnti oscillanti, le quali mantengono così il nucleo sensi-
bile all'azione magnetica della calamità permanente, che con i
suoi poli gli gira attorno mercé un. congegno di orologeria ad.
essa applicato. — Sul filo soli ile al quale è allacciato il ricevi-
tore si producono allora delle correnti indotte dovute all'azione
induttrice delle onde ed a quella della tenue variazione magne-
tica contemporanea, la quale ad ogni semi-periodo, ossia per
ogni mezza onda, risulta concomitante. Data la poca intensità
delle onde raccolte dal filo d'aria e la tenuità della variazione
magnetica che nei semi-periodi le coadiuva, l'effetto indotto sul
filo sottile risulta tuttavia debole e tale da non permettere un
ricevimento scritto. E prerogativa quasi generale però nei tele-
grafisti la capacità di ricevere a udito le trasmissioni Morse;
l'uso quindi di tale costante e sicuro apparecchio più sensibile
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del coherer è da preferirsi siccome più semplice, anche per quelle
distanze di corrispondenza alle quali la regolazione del sistema
a coherer comincia a diventare difficile. Il detector noi lo rite-
niamo un vero e proprio rafforzatore del quale potrebbe essere
utile l'uso anche in telefonia, per le grandi linee, in luogo degli
attuali rocchetti d'induzione.
Organi accessorì.
Agli estremi del primario del rocchetto Ruhmkorff, o fra l’an-
coretta e la vite di contatto dell'interruttore magnetico, come
usa il Marconi e come illustriamo in una delle figure che se-
guono, è messo in derivazione un condensatore avente lo stesso
ufficio equilibratore che disimpegna nei motori il volante, il
quale, quando l'energia eccede, immagazzina l'eccesso per ren-
derlo poi allora che l'impulso s'affievolisce.
Il condensatore è generalmente composto di moltissimi fogli
di stagnola ben paraffinati disposti l'uno sull'altro ed uniti con
attacco conduttore quelli di numero pari fra loro, gli altri pure
fra loro. Noi sappiamo che la capacità di un conduttore è rela-
tiva alla sua superficie sulla quale come abbiamo veduto si ma-
nifesta il fenomeno della elettrizzazione. E facile concepire quanto
sia grande la capacità di un condensatore costituito da 100 o
200 fogli di stagnola di 6 decimetri q. di superfìcie su ciascuna
delle due faccie di ciascun foglio. I fogli di numero pari costi-
tuiscono una armatura del condensatore, quelli impari l'altra.
Se si unisce una di queste due armature con un polo di una sor-
gente elettrica, tenendo l'altra in comunicazione o con l'altro polo
o con la terra, se la sorgente ha l'altro polo a terra, il conden-
satore assorbe sollecitamente l'energia emessa dalla sorgente
stessa, fino a che non risulti anch'esso carico e cioè fino a che.
l'armatura collegata al polo di maggior potenziale del generatore
non siasi messa allo stesso livello elettrico o potenziale. Se dopo
questa carica togliamo la, comunicazione con la sorgente, ed
uniamo le due armature con un filo metallico, ha luogo in questo
un flusso elettrico quasi istantaneo che dall'armatura caricata va
all'altra, e la cui intensità è relativa al valore di tale carica o
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potenziale diviso per la resistenza del filo col quale abbiamo con -
giunto le due armatore.
Nella telegrafia senza fili il condensatore messo in superficie,
e cioè in derivazione, agli estremi del circuito primario del roc-
chetto o fra i punti di contatto dell'interruttore, data la sua
conveniente capacità, assorbe quasi totalmente ed all'istante l'ener-
gia elettrica emessa dal generatore al momento in cui l'interrut-
tore chiude il circuito primario anzidetto. La riemette quindi
gradualmente attraverso il medesimo facendo così mancare l'extcra-
corrente di chiusura, che come sappiamo è indotta sul circuito
stesso allorché vi si lancia la corrente alla quale risulta contraria,
raccorciandone il periodo variabile, ossia il tempo ad essa necessario
per raggiungere la sua intensità normale. Quando l'interruttore
apre il circuito primario l'extracorrente di apertura, che tende-
rebbe a prolungare il periodo variabile della corrente interrotta,
è contrariata dalla carica del condensatore, carica assunta istan-
taneamente per effetto dell'extracorrente stessa.
In tal modo l'induzione oscillante generata sul secondario del
rocchetto è uniforme sia all'apertura che alla chiusura del circuito
primario, mentre senza il sussidio del condensatore quella all'atto
dell'apertura risulterebbe molto maggiore dell'altra con discapito
della regolarità della scarica all'oscillatore. È da notare che il
fenomeno delle extracorrenti è vivamente accentuato dal nucleo
di ferro, il quale prolunga ancora la durata dei due periodi varia
bili della corrente magnetizzandosi e magnetizzandosi con qual-
che ritardo.
Shunt. — Quando si apre il circuito tabetto-relais e quello della
macchina Morse e del trembleur l'effetto delle extracorrenti di
apertura che si producono influenzerebbero il coherer alterando il
segnale. Ad ovviare questo fatto il Marconi mette in derivazione
agli estremi degli elettro magneti del ricevitore Morse, del relais
e del trembleur fra i quali estremi l'extracorrente ha più notevole
impulso, dei rocchetti senza nucleo detti shunts, i quali riducono
assai gli effetti delle extracorrenti anzidetto.
Rocchetti d'impedenza. — II tubetto o coherer presenta come sap-
piamo una elevata resistenza, quindi le onde indotte nel filo d'aria
giunte al punto in cui esistono due vie di propagazione, quella
del tubetto e quella del relais, le quali presentano una resistenza
pressoché identica, si biforcherebbero. Ne risulterebbe che la loro
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intensità nel tubetto verrebbe ridotta alla metà con evidente
danno del ricevimento.
Ad impedire ciò, due rocchetti identici a, nucleo di ferro ingros-
sato sono inclusi sul circuito tubetto-relais in vicinanza degli estremi
del tubetto stesso. La loro costituzione nei riguardi dei fenomeni
autoinduttivi è volutamente di grande contrasto alla propagazione
delle correnti ad alta frequenza, le quali si scaricano perciò quasi
totalmente pel tubetto alla terra. Il loro filo di poca resistenza
è però di ferro ; cosi l'auto induzione risulta anche maggiore fa-
cendo acquistare ai rocchetti, al passaggio delle correnti ad alta
frequenza una resistenza fittizia molto maggiore di quella reale
per correnti continue. Questo aumento nel nostro caso è il pro-
dotto di questa resistenza reale misurata per un coefficiente di
valore infinito. Per tale ingegnosa disposizione mentre la cor-
rente continua della pila che fa funzionare il relais non risente
danno per la nuova resistenza dei due rocchetti d'impedenza,
quelle oscillanti provenienti dal filo aereo sono costrette a scegliere
la via del tubetto con vantaggio del suo funzionamento.
Abbiamo fin qui spiegato in modo razionale, attenendoci al-
l'indole di questa pubblicazione popolare, i fenomeni e gli or-
gani essenziali di cui usufruisce il Marconi per il suo sistema
di radiotelegrafìa.
Nelle seguenti tavole illustrative passiamo ora a rappresen-
tare con figure schematiche la disposizione dei diversi istrumenti
e degli accessorì.