design
streamline Il progetto del mobiletto di una radio
Mi piacerebbe tanto potervi parlare di radio italiane, ditte italiane, concetti italiani ma non sono ne bravo ne fortunato abbastanza. Quanto è stato conservato di documentazione sulla storia della tecnologia anglosassone non ha paragone con quel poco salvato dai bombardamenti, dagli alluvioni e, soprattutto, dalla incuria della gente nel nostro Paese. Prima di passare ad essere antica, qualsiasi cosa prende lo stato di vecchio e col nostro concetto di etica e di spazio la cosa migliore è di buttarla via. Nella realtà sassone, invece, non solo certe documentazioni vengono conservate, ma anche ripubblicate a beneficio degli attuali appassionati. E’ pertanto facile pertanto parlare qui da noi di certe apparecchiature aliene semplicemente traducendo quattro parole.
Me ne vergogno, ma lo farò anch’io. Visto l’interesse che ha destato una mia recente pubblicazione sul design italiano, mi permetterò di prendere da una delle tante opere che ho consultato per comporla, una inconfondibile pubblicazione americana. In particolare questa pubblicazione parla di design industriale nel 1940, soltanto 10 anni dopo la nascita della professione di industrial designer, datata 1927 ma rimandata come attività a dopo la grande crisi del 1929. In particolare qui si tratta della progettazione di elettrodomestici tra i quali una radio da tavolo di linea prettamente “stream line” ovvero aerodinamica. I concetti generali sono però universali; ci serviranno ad orientarsi meglio nel giudizio estetico di un apparecchio. Spero di non annoiarvi troppo.
Il primo impatto che ho avuto con la pubblicazione è stata la progettazione di una griglia per altoparlante: io ho avuto occasione di fissare più di un altoparlante dietro una lamiera sforacchiandola, magari ordinatamente coi fori in fila per lasciar passare il suono: no!, non è così semplice, ma ci sono i trucchi di mestiere
Un
foro.
Prendiamo un foro: questo è un elemento semplice e non c’è niente da obiettare
Prendiamo due fori ed osserviamoli: l’occhio salta da l’uno all’altro e non ha pace. La sensazione è spiacevole.
se i fori sono tre l’occhio riposerà in pace su quello centrale pur soddisfatto dagli altri due fori che giacciono nel campo visivo.
quattro fori saranno una tragedia per l’occhio, cinque fori invece lo soddisferanno.
se i fori superano un numero che si possa contare direttamente a colpo d’occhio, per esempio nove, la sensazione è di una sequenza piuttosto monotona
in questo caso abbiamo alternato gruppi di fori con “pause” per usare un termine musicale. Va già meglio ed appare un arrangiamento ritmico
se alterniamo un foro più grosso ad uno più piccolo, abbiamo una sequenza che ci ricorda la marcia: un due, un due ecc.
se alterniamo due fori piccoli ad uno grosso la sequenza diviene un due tre, un due tre, ovvero un valzer, ritmo che appaga anche l’occhio. Naturalmente le righe dovranno essere in numero tale da riempire la griglia procedendo per le due dimensioni.
Alternando la simmetria del primo rigo di fori ad asimmetrie dei righi successivi si combinano “accenti” con spazi, ovvero pause, e si ricavano una serie di effetti come nelle figure nelle quali si vedono degli esempi.
Se confiniamo i fori arrangiati semplicemente in righi noi usiamo un solo peso dell’accento. Spandendoli intorno introdurremo altri accenti e possiamo espandersi in tutte le direzioni o raggruppare le macchie in un aere, fino a combinazioni senza fine. In ogni caso useremo la spaziatura per ottenere il ritmo. Vediamo che queste macchie possono contenere anche un numero pari di fori, magari alternando due e quattro.
Le costole
un altra soluzione per risolvere il problema della griglia è di inserire delle costole in uno spazio vuoto: anche quelle dovranno essere rigorosamente dispari! Direte che se osserviamo gli intervalli tra costola e costola questi sono pari, ma l’attenzione dell’occhio cade sulla costola e non sul vuoto.
Le costole possono essere flautate, diritte, combinate in gruppi in una variazione senza fine. Nel dubbio preferite la soluzione più semplice.
proseguiamo con più ordine nell’excursus di progettazione della nostra radiolina.
Il solido per eccellenza è la sfera, ma per il design questa tiene un posizione troppo rigida: l’aspetto di una sfera deformata non è piacevole e non abbiamo nemmeno la chance di poter accostare due sfere in quanto due sfere accostate rimangono sempre due sfere a differenza di due cubi che danno una forma a se stante. Pertanto vedremo che alla sfera si preferisce l’ellissoide che è meno permaloso della sfera ai cambiamenti di forma.
Ora vediamo una sequenza di solidi. Come prima visto con i punti o con i fori l’occhio preferisce un numero dispari ma la sequenza non risulta interessante: vediamo nella figura che già ingrandendo il cubo centrale una sensazione di estetica prende forma. Eliminando lo spazio tra gli oggetti otteniamo una forma a se stante ma ancora non ci soddisfa.
vediamo che agendo nella diversità di proporzione e di posizione nei tre piani l’aspetto diviene più interessante e possiamo iniziare a progettare qualcosa.
poi cominceremo con le asimmetrie e ne nasceranno i disegni illustrati
la figura 34 ha
un bilanciamento che è ovvio ed istintivo per ogni occhio.
La figura 44 a
fa vedere come appare un bilanciamento simmetrico visto di prospettiva.
Osservando la fig. 44 possiamo vedere che l’occhio è appagato anche da un bilanciamento non simmetrico quando le superfici laterali si equivalgono pur con proporzioni diverse. Notiamo che qui lo sbilanciamento è su due assi.
Prendiamo un rettangolo: ci saranno delle proporzioni che appagheranno l’occhio più di altre. Fortunatamente ci sono dei meccanismi che ci aiutano. Per produrre una serie di rettangoli si parte sempre da un quadrato.
Come è un buon rettangolo? nessun rettangolo sarà abbastanza interessante se uno dei suoi lati non sarà almeno grande quanto la diagonale del quadrato iscritto(II), poi di nuovo la diagonale del rettangolo aiuterà a formarne un secondo, poi un terzo e via così. Le suddivisioni più interessanti saranno la III e la V, sempre la regola del dispari. Un rettangolo composto da due quadrati affiancati non sarà mai una figura interessante.
Forse le proporzioni più soddisfacenti di un rettangolo sono basate sulla così chiamata “sezione divina” di Pitagora. Il rapporto tra la proporzione media e la massima è 1/1,618. Euclide mostrò come ottenerla geometricamente (fig.56) usando la diagonale di mezzo quadrato inscritto nel rettangolo.
simmetria dinamica degli
elementi
Una superficie può essere divisa in due, ma appare più interessante divisa in tre, ed addirittura, analogamente ai punti diversamente spaziati conviene fare le tre sezioni di larghezza diversa tra la centrale e le laterali. La c appare la più attraente, ma si deve aggiustare la proporzione se coloriamo diversamente le sezioni.
Un altro metodo di rendere interessante la divisione è, invece fare tre uguali divisioni dando alla centrale una forma diversa come in fig. 60. Anche in quel caso le proporzioni andranno riaggiustati. Di questa figura abbiamo dei buono esempi come gli archi trionfali romani e trittici rinascimentali.
Ruotiamo leggermente il solido che ha per superficie centrale la fig. 60 e notiamo quanto poco diviene interessante se non dividiamo le forme come in fig. 64.
Tra l’altro notiamo che in prospettiva scompaiono le proporzioni perfette del triangolo euclideo.
a questo punto cominciamo a pensare nelle tre dimensioni, cosa che ci porta alla fig. 66.
Effettivamente manipolando il rettangolo a di fig. 67 nel rettangolo b, la forma prende interesse.
variazioni sul tema
Ripetendo le curvature nel solido come in fig. 69 troviamo la figura ancora monotona. Perchè non arrotondare le masse anche nel piano orizzontale? ne nasce la figura più armoniosa di fig. 70.In fine enfatizziamo l’orizzontalità del piano con il successivo abbellimento di fig. 71.
bisogna porre attenzione che certe combinazioni di linee producono illusioni ottiche che rovinano la forma. Non descrivo degli esempi in quanto già conosciuti da ogni libro di disegno. Accennerò però alla dissimmetria delle colonne greche che incurvavano leggermente le linee rette per appagare meglio la visione dell’insieme. E così vale per i pavimenti dei templi: ma si parla di variazioni di 10 cm su 30 metri che pur riassettano la visione.
Trattamento degli angoli.
se prendiamo il solido di fig. 96 noteremo che appare di poca solidità come una scatola di latta.
Arrotondandone gli spigoli appare più ricco e più solido. Il nostro primo pensiero è di arrotondare con identico raggio i tre bordi dove i piani intersecano. Ma non appare poi poi interessante. Dissimmetriziamo i raggi ed avremo qualcosa di migliore. Purtroppo l’angolo prenderà una forma strana che non appagherà l’occhio e sarà difficile a lavorare. A questo punto tagliamo la testa al toro e scegliamo le soluzioni di fig. 100 producendo un effetto rimarcabilmente diverso anche nella scelta di a o b.
Streamlining
Tutti questi concetti, che però trovo validissimi, hanno la limitazione di essersi sviluppati nell’epoca delle linee aerodinamiche, lo streamlining che imperversò dagli anni ’30 agli anni ’50 soprattutto in America
Il primo ad introdurre questa linea fu, per esigenza puramente aerodinamici, S.R.Calthorp
addirittura nel 1865, alla fine della guerra civile. Ma nel 1850 Bessemer aveva già tentato quella via in Inghilterra sempre rivolto alle ferrovie ed ai treni. Però non prese la via del disegno industriale fino a molto più tardi in quantone i primi tempi era un esigenza di funzionalità in certe applicazioni piuttosto che una linea estetica come in tempi posteriori.
Sfera od ellissoide?
nelle figure seguenti vediamo cosa lo streamlining ricava da una sfera e da un ellissoide. Rimarchevole la preferenza per l’ellissoide.
Il progetto di una radio
nelle figure seguenti vedremo lo sviluppo nella progettazione di un mobiletto per radio, dipendente dalle misure dello chassis, dalla posizione dell’altoparlante, della scala parlante e delle manopole data dalla casa costruttrice.
Vorrei far notare quanto questo si discosta dai concetti espressi dai nostri architetti nello stesso anno, 1940 (vedi Design, il disegno industriale nella radio italiana, che ho scritto recentemente).
In Italia si parlava non di inserire un apparecchio in un mobiletto, ma in un contenitore “funzionale” e l’architetto si avocava persino il compito di disporre i componenti nello chassis, “custodia” non “mobiletto”
applicazione di marchi
qui sotto un esempio di profili per marchi di fabbrica, un poco obsoleti, mi pare.
Nella pubblicazione si illustra anche l’importanza della posizione di applicazione del marchio.
Carlo Bramanti aprile2005.
bibliografia
Harold
Van Doren, Industrial Design, McGraw-Hill, New York, 1940
Carlo Bramanti, Design, il disegno industriale nella radio italiana, SANDIT 2005