magrini
... il magnetismo misterioso pareva sdegnasse fino ad
ora di stringere alleanza colla pazza elettricità, benefica alle volte, e
spesso tremenda, ma che a un tratto, per opera dei moderni fisici, non più
temette di fare oltraggio alla propria dignità, accoppiandosi ad una compagna,
l’elettricità. E mentre si
spezzano i nodi indissolubili con il calore, e domestica, veste le sembianze del
magnetismo e si adatta a compiere umilmente il suo circuito attraverso semplici
fili, senza strepito, senza luce, senza calore, il fluido magnetico
all’opposto, nell’istante in cui la calamita temporaria entra colla spirale
nel placidissimo circuito elettrico, spiega l’energia e l’impetuosità di un
fulmine, e da grave che egli era, tenebroso e taciturno, nell’accoppiamento
impazzisce coll’ago, screpita, scintilla.
Cosi si esprime Luigi Magrini in una sua memoria del 1834, pochi anni dopo che erano stati scoperti i legami tra elettricità e magnetismo.
Magrini, per spiegare l’origine dei diversi fenomeni elettromagnetici ricorse all’etere universale, la cui ipotesi era stata adottata dal Newton per rendersi conto dell’attrazione tra i corpi, e da Eulero per interpretare natura e propagazione della luce. Ammessa l’esistenza di questa sostanza universale, estremamente sottile e molto elastica, alle cui vibrazioni si potevano riferire tanti e così svariati fenomeni, il Magrini figurò che il globo terrestre e tutti i corpi della natura nuotassero nell’etere e ne fossero pregni, sempre mantenendosi il fluido in rigoroso stato di equilibrio. Perché l’etere potesse agitarsi era necessario che le particelle dei corpi, o naturalmente o artificialmente gli avessero precluso la via verso il centro del sistema.
Magrini formulò anche una sua ipotesi del magnetismo terrestre e delle correnti telluriche.
Petrus Peregrinus di Marincourt, già nel 1269 aveva imitato i fenomeni magnetici usando un globo di magnetite, altrettanto Gilbert nel 166 con la sua terrella. Poi Eulero nel 1744 ed infine Gauss che era persuaso che i fenomeni magnetici della superficie terrestre erano causati da quei movimenti elettrici che avvengono nell’atmosfera. Infine furono incriminate le correnti telluriche.
Magrini, pensando all’equilibrio dell’etere universale rotto dalla terra nella sua rapidissima rivoluzione intorno al sole, spiegò l’origine di tali correnti, così: l’etere dello spazio, spingendosi entro il solco tracciato dalla terra, vi avrebbe determinato, appunto, queste correnti che, a loro volta, generavano il magnetismo terrestre.
Luigi Magrini nacque ad Udine il 4 maggio 1802, studiò a Padova dove divenne assistente alla cattedra di fisica. Nel 1836 insegnava a Venezia dove, nel giugno del 1937 si accinse alla costruzione di un telegrafo elettromagnetico di sua invenzione. Nel luglio sperimentò con successo il suo telegrafo, alla presenza di personalità, sopra un circuito di 1200 metri, presentandolo poi,nel dicembre, all’Ateneo Veneto. Il telegrafo è minuziosamente descritto nella Gazzetta di Venezia del 3 gennaio 1938. Purtroppo l’indifferenza dei cittadini e l’inerzia dei governanti fecero a gara nel frapporre indugi e l’invenzione del telegrafo fu affidata ad altri giunti dopo di lui.
Il telegrafo di Magrini funzionava con due pile, una debole e l’alta forte. Con la prima si poteva far deviare un ago di un galvanometro a destra e sinistra con una certa elongazione. Con la pila più debole l’indice, invece, compiva un elongazione minore, ottenendo così 4 segnali diversi. Usando 3 galvanometri e combinando le emissioni si raggiungevano i 24 segnali sufficienti per i simboli dell’alfabeto ( però occorreva una linea a tre fili). Qualcosa di simile accade nel telegrafo Weston, ma dalle documentazioni fornite, quello del Magrini è da considerarsi anteriore a questo ed a quelli di Steinheil, Gauss e Weber, attualmente ritenuti gli inventori del telegrafo elettromagnetico.
Bramanti ottobre 06