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L’erba del vicino è la più verde: non è un proverbio di origine italiana ma in Italia è stato applicato in pieno. Salvo le piagnucolose lamentele sui destini di Meucci, Pacinotti e qualche altro, si leggono molte biografie di scienziati ed uomini di scienza illustri stranieri abbandonando all’oblio tanti nostri bravi ricercatori che, anche se non erano dei Marconi, non erano inferiori ai tanto rammentati esteri e che varrebbe sempre ricordare. A proposito di Marconi, dobbiamo dire che per lui la cosa è stata totalmente diversa ed addirittura, forse per ragioni del Regime passato, è stato rammentato talvolta anche a sproposito.
Ho raccolto molte informazioni su i nostri ricercatori nel campo della radio, impresa non facile in quanto sparpagliate in notizie sulle più disparate pubblicazioni di epoca, traendone un quadro che, anche se non è completo, mi pare il primo che ne tratta.
Tornando ancora a Marconi, i testi affermano che, incompreso in Italia, fu costretto a proseguire le sue ricerche all’estero. Già questa notizia è imprecisa e tendenziosa: da noi qualche autorità intelligente lo “consigliò” di recarsi in un paese che potesse avere l’esigenza della sua invenzione: Italia, paese nel quale la raccolta di castagne faceva bella mostra tra le voci del bilancio, sarebbe andato poco avanti. Nemmeno in Inghilterra Marconi fu accettato alla prima, tanto che i responsabili dell’esercito inglese lo consigliarono di rivolgersi altrove e solo la lungimiranza e la modestia di Preece, del Post Office, permisero il proseguimento delle esperienze.
Il resto della storia lo sappiamo, ma nessuno ci ha fatto notare che il nostro Grande ha ricambiato, nei confronti di altri studiosi di radiotelegrafia, quello che era successo a lui inizialmente costringendoli a brevettare e proseguire le ricerche all’estero.
Questo non certo per cattiveria, ma solo perchè , dopo le esperienze di La Spezia Marconi aveva stipulato una convenzione col governo Italiano (ratificata nei primi anni del 1900) per la quale cedeva gratuitamente tutti i suoi brevetti all’Italia col semplice compenso che in Italia si sarebbero potuti costruire ed usare soltanto le sue apparecchiature ed addirittura si sarebbe dovuto rifiutare ogni comunicazione verso sistemi diversi dal Marconi. Questo per 14 o 18 anni, non ricordo di preciso.
Chiaramente chi voleva brevettare una invenzione nel campo trattato in Italia, aveva il problema che non poteva produrre il ritrovato, con conseguente scadenza del brevetto, senza contare i bastoni tra le ruote che mettevano le autorità competenti. Questa situazione portò gli inventori italiani a brevettare in soprattutto in Germania e le realizzazioni di chi aveva concetti imprenditoriali si svilupparono in Francia, come quelle della stazione radiotelegrafica ultrapotente di Clemens Galletti ed il radiogoniometro di Bellini-Tosi.