Un unica valvola inserita in un
circuito a reazione è praticamente l'ideale di semplicità e prestazione che si
possono ottenere con una valvola o con un transistor. Un circuito di antenna
introduce nel circuito uno smorzamento dovuto alla resistenza spesso elevata del
sistema terra antenna, inoltre la funzione rivelatrice, che è poi quella che
preleva l'energia dal segnale, proprio per questo fatto introduce anch'essa uno
smorzamento rilevante. Perciò nel semplice circuito senza reazione questo si
traduce in basso guadagno e scarsa selettività. Se si introduce la reazione,
ovvero se si rimanda indietro il segnale amplificato in fase con quello
d'ingresso, gli smorzamenti di questi due circuiti vengono eliminati o ridotti
fino a fare in modo che l'energia introdotta sviluppi un oscillazione. Con un
circuito così semplice si parla di raggiungere in CW una sensibilità
dell'ordine del microvolt, riferita ad un ingresso di 50 ohm, ma dato che
l'ingresso di questo circuito ha un impedenza molto superiore si può parlare
del più realistico centinaio di microvolt in fonia. Più siamo bravi, più
riusciamo a sfruttarne la sensibilità, non c'è il fenomeno del sovraccarico ed
il volume è adeguato per un ascolto in cuffia anche per i più piccoli segnali.
Se ci vogliamo spingere ancora
verso segnali più deboli è perfettamente inutile amplificare l'audio, ovvero
dopo questo circuito: dato che la resa in tensione della rivelazione è
quadratica, ovvero dimezzando il segnale l'uscita
si riduce di quattro volte, ovvero un sedicesimo di potenza, i segnali molto
piccoli rimangono sommersi nel rumore. La soluzione è ovviamente di amplificare
la radiofrequenza prima dei arrivare al rivelatore, raddoppiandola aumenteremo
la potenza di 16 volte.
Il problema è che un
amplificazione a radiofrequenza non si sposa bene con questo circuito che da
solo, adottando un circuito adatto ed ottimizzando i parametri, darà
una resa dolcissima, con un amplificazione a radiofrequenza diventerà
bizzosissimo e mal controllabile. Naturalmente l'amplificazione a radio
frequenza viene introdotta perchè è l'unica chance, ma con grossi problemi.
E'molto interessante vedere le soluzioni adottate nei ricevitori che erano in commercio nei primi anni '20 e che cercavano di risolvere questo problema: i più comuni erano a tre valvole, una rivelatrice e due audio, l'audio serviva soltanto per permettere l'ascolto in altoparlante. Altrimenti erano 4 valvole, con la prima a radiofrequenza, oppure a 5 valvole, due a radiofrequenza, usando i più svariati accorgimenti.
Questo ricevitore è realizzato con una prima valvola a
radiofrequenza sulla griglia della quale si inserisce ad innesto una bobina,
intercambiabile, che vede la griglia il condensatore variabile da un lato,
dall'altro il secondario della bobina di reazione, il cui primario è sulla
placca della terza valvola. La placca della prima è collegata ad un
trasformatore a radiofrequenza, di rendimento volutamente scarso e commutabile
tra onde lunghe ed onde medie. Il secondario è ovviamente sulla griglia della
seconda valvola. L'anodo della seconda valvola è collegato ad una bobina
intercambiabile connessa verso l'anodica e messa in risonanza con il secondo
condensatore variabile. La placca è altresì connessa ad un condensatore verso
la griglia della terza, che fa da rivelatrice, e la resistenza di dispersione
verso il positivo dei filamenti. E'sulla placca di questa valvola che viene
collegato il primario del variocoupler di reazione e l'avvolgimento è diviso in
varie sezioni riportate ad un commutatore collocato sul pannello superiore. Di
seguito le due valvole a bassa frequenza collegate a trasformatore. Un
milliamperometro collegato sulla placca della rivelatrice serve a rilevare
quando il circuito entra in oscillazione. Il cablaggio è in filo di rame nudo a
sezione tonda e non stagnato, tirato a squadra ed ordinatissimo, cosa non comune
nei ricevitori francesi anche se di grande marca. Un voltmetro sul pannello può
essere commutato per misurare la tensione anodica o quella dei filamenti.
Vediamo che la reazione
comprende interamente il circuito di antenna, le due valvole a radiofrequenza e
la rivelatrice. Con questo sistema, anche se si agisce su tutte le sorgenti di
perdita, si irradia fortemente in antenna quando il circuito entra in
oscillazione per negligenza dell'operatore o durante la ricerca delle stazioni
più deboli. In circuiti successivi si limitò l'uso della reazione entro il
circuito rivelatore in modo che la valvola a radiofrequenza separasse
l'eventuale oscillazione dall'antenna, ed inoltre il circuito di reazione non
dipendesse dalle variazioni per movimento dell'antenna o dalla sostituzione di
un antenna con un altra, influendo sulla stabilità del circuito. Questo
artificio risultò praticamente inutile dato che l'elevata capacità
interelettrodica del triodo faceva passare il segnale all'indietro. Questo
problema fu ridotto ai minime termini con l'uso di una primo triodo
neutralizzato o con l'uso della valvola schermata (tetrodo) intorno al 1927. La
stabilità della reazione del CREO lascia molti dubbi teorici in quanto quando
ci avviciniamo al punto critico di oscillazione, il circuito può essere
trascinato in oscillazione e, quando è in oscillazione, cambiando il punto di
lavoro di varie valvole, questa può persistere e rimanere agganciata quando
torniamo indietro col comando (isteresi o back-hasch). In ogni caso
l'amplificazione data da due valvole di radiofrequenza rende superfluo arrivare
ai limiti della reazione. Inoltre questo circuito, con la sua sensibilità, è
adattabile anche e sopratutto alla ricezione con quadro, di conseguenza la sua
eventuale irradiazione è poco dannosa. Vediamo però che, potendo spingere la
reazione al massimo, un buon circuito ad una valvola ha un rendimento relativo
molto migliore e che complicando il circuito non sempre si migliorano le
prestazioni. Parleremo in seguito di altre realizzazioni a 5 e più valvole vedi
T.A.T. ecc.