La GEPI e l’industria radio

in passato

Ormai conosciamo il vecchio Regime soltanto dalle sue caratteristiche autoritarie e non pensiamo che, in fondo aveva, per la prima volta della storia, caratteristiche sociali e che aveva creato strutture di protezione per l’economia e per il popolo le quali, manca poco, siano state disfatte da movimenti più a sinistra di questo. Parliamo della grande crisi degli inizi degli anni ’30 quando un suo oscuro collaboratore, Alberto Beneduce salvò l’Italia dal caos economico. Nel 1931 fu fondato l’Istituto Mobiliario Italiano, che avrebbe dovuto risolvere i problemi obbligazionari che erano nati e salvare il sistema bancario. L’ente fu sopraffatto dall’enormità della crisi, tanto che nel 1933 fu fondato l’Istituto di Ricostruzione Industriale, IRI, che conosceremo anche nel secondo dopoguerra. Dall’esistenza dell’IRI nacque il sistema delle partecipazioni statali.

la GEPI

Nei tardi anni ’60 del dopoguerra, si ripresentò una situazione di crisi, il prodotto interno lordo diminuì e si temette per l’occupazione. Ai “bei tempi” la disoccupazione non era temuta più di tanto, avevamo lo sfogo delle Colonie e tuttavia si erano presi provvedimenti. Negli anni ‘60 avevamo alle porte il comunismo e non si voleva un esercito di disoccupati. L’IRI faceva la sua, ma nel marzo 1971 si riuscì a fondare la GEPI, Società di Gestione Partecipazioni Industriali.

L’economia nazionale, che aveva conosciuto una lunga stagione di crescita, manifestava i primi sintomi di rallentamento La legge 1470 del ’61 prevedeva già aiuti alle imprese in difficoltà. La IRI, ENI  EFIM pensarono all’aspetto imprenditoriale, la IMI a quello finanziario.

Per piccole industrie, 100 dipendenti a nord, e 200 a sud, come massimo, fu istituita la GEPI per la quale la IMI partecipava al 50%, il resti l’IRI e la EFIM.

La GEPI, una volta ottenutane la riorganizzazione, doveva provvedere alla cessione di ogni unità in crisi. Il principio era di far fallire le imprese sulle quali interveniva per cancellare oneri pregressi.

Negli anni ci furono aggiustamenti della legge. Nel ’76 l’IPO, iniziativa per la Promozione dell’occupazione. Intanto, a causa della guerra del Kippur il prezzo del petrolio era quadruplicato. Da notare che il 1975 era stato l’unico anno con il PIL in calo.

 Nel ’77 furono istituite CAM e la RECO. Nell’82 la REL ( Ristrutturazione elettronica SpA, ) marzo 1982) intervenne per salvare le industrie elettriche.

crisi dell’elettronica di consumo

Fin dalla metà degli anni ’60 questo comparto godette di ottima salute ed il nostro paese era esportatore netto di TV bn, radio, componenti, fonografi. Favorevole il costo della manodopera inferiore alla media europea. Nel frattempo il consumo in Europa era salito più della produzione e si era costretti ad importare dall’Italia. Le imprese italiane avevano dimensioni modeste salvo la INFIN-Magnadyne, Lesa, Geloso ed Europhon, ciò dovuto alla bassa tecnologia allora necessaria fattibile anche da imprese artigianali. In molte imprese si integrava con la produzione della componentistica, in altre si fabbricavano componenti per altri, in alte si costruivano componenti per proprio uso (Korting, Imperial, Europhon, Geloso) altre solo per terzi. Mancavano grandi complessi come la Fhilps, la Grundig, la Telefunken, all’estero.

L’organizzazione commerciale delle imprese italiane era basata su filiali, agenti o grossisti, spesso inadeguati e mal organizzati. Sul mercato estero mancavano di prestigio e spesso vendevano col marchio del cliente. Un discorso diverso era per le Multinazionali installate in Italia.

L’elemento che fece scaturire la crisi fu la concorrenza dei prodotti low cost del sud est asiatico ed il divario si allargò dopo l’autunno caldo del 1969. Le unità locali scesero da 136 a 76.

La vicenda più complessa fu quella iniziata nel 1972 con l’ingresso della GEPI nella compagnia azionista SEIMART ( Società Esercizio Industriale Manifatturiere Radio e Tv), costituita nel 1971 da una finanziaria piemontese con soci Cassa Risp. Torino, Ist. Bancario S. Paolo, Banca pop. di Novara, la Finanziaria Regionale Piemontese, FIAT, FINDI (Pianelli e Traversi), per rilevare l’attività della fallita INFIN-Magnadyne di Torino. Pochi mesi dopo la GEPI rilevò anche la LESA  (stabilimento di Milano, Saronno, Tradate) , la Gallo Condor di Concorezzo, integrate nella SEIMART che sarebbe divenuta leader italiano dell’elettronica civile.

L’errore dei dirigenti fu di sottovalutare che il mercato era pressoché saturo.

Parallelamente il boom del Tv color nel quale le industrie italiane mancavano di competitività, soprattutto qualitativa. Sul mercato pesarono concorrenti stranieri, Philips, Grundig ecc.

La dimensione ridotta dell’industria Italia non consentiva ne la produzione ne l’accordo per la fornitura di componenti, dato il costo di quest’ultimi e l’aumento del costo della manodopera nel 1970. Mancarono le condizioni per la crescita.

La GEPI passò alla chiusura dello stabilimento di Concorezzo ed al trasporto dei dipendenti a Milano. Radio e Tv venivano prodotti a Torino e S. Antonino di Susa, l’Hi Fi a Tradate, la componentistica a Saronno. Si prevedeva la chiusura della Lesa ma la resistenza sindacale e l’intervento della Magistratura lo impedirono. Si cercarono accordi con la SGS Ates produttrice di componenti attivi. Il tutto naufragò nel 1975. Tutti si erano ritirati e la SEIMART fu divisa in Seimart elettrica, Neohm (divisione componenti) con stabilimenti a Leini (To) e Saronno (Va). Nel 1977 nacque la SELI orientata all’elettronica professionale, poi Optronics per i cristalli liquidi e la Panta per l’Hi Fi entrambe a Tradate.

Dopo gli scorpori, il 29 giugno 1979 la Seimart fu messa in liquidazione.

 Infine accordi con i privati anche se qualche iniziativa fallì. Parteciparono Zanussi, SECI, Westinghouse, SIGNAI(GB) IRCI (USA componentistica) Ci furono aiuti per i più piccoli, Tekma, Kinoma, Neohm elettrica, Breccaroli, Piroddi, Mattavella e Cairelli Spa, Crosetto nella Elsa, Micheletti e Banfi nella ECS. La maggior parte di queste join venture ebbero esito positivo.

Un impresa che era in grado di recepire i progetti della GEPI era la Zanussi di Pordenone. Costituzione della Zeltron (Istituto Zanussi per l’elettronica Spa), che lanciò il marchio SELECO.

Zanussi mancava di un solido mercato all’estero e la componentistica non era concorrenziale con quella dell’estremo oriente. Le forze politiche si mostrarono indecise ed ebbero atteggiamenti contradittori nei confronti della GEPI, così non le fu affidata la ricostruzione del comparto, affidata invece alla REL nel 1982. Il settore occupava 10.000 addetti e produceva 820 miliardi di beni (lira dell’82). Gran parte delle aziende furono ammesse all’intervento REL: Brion Vega, Europhon, Autovox, Seleco, Voxon, Seci, ma lo sbocco fu per la maggioranza negativo. La GEPI cercò di liberarsi delle proprie partecipazione nel settore e cedette alla REL le quote della Neohm, Panta ed Imprese elettriche italiane. Vista l’impossibilità di liberarsi di tutte le azioni, vedi MISTRAL (LT) si cercarono soluzioni alternative dividendo ancora le imprese ed i lavoratori in eccesso furono collocati.

L’elettronica civile è  un esempio eclatante del fallimento del salvataggio industriale.

L’intervento della GEPI è costato allo stato 916 miliardi (lire al 1990).

Carlo Bramanti Maggio 2008

 

La REL

Sull’archivio del giornale La Repubblica possiamo trovare numerosi articoli sulla storia dell’opera fallimentare della REL che assorbì miliardi allo stato senza apprezzabili risultati e fu cessata nel 1994.

REL

1988 MILANO Seleco, Imperial, Brionvega ed Europhon sono le quattro aziende disponibili a costituire il nocciolo del polo nazionale dell' elettronica civile allo studio della Rel (la finanziaria pubblica per l' intervento nel settore)

 

1991

Dopo otto anni, 500 miliardi di interventi statali e perdite certe per almeno 140 miliardi, la Rel esce quindi di scena senza essere riuscita a creare un polo dell' elettronica, ma essendo comunque riuscita a cedere ai privati le migliori tra le 32 aziende in cui è intervenuta. Tra queste, oltre alla Seleco, figurano la Brionvega che resterà alla famiglia Brion e vedrà l' ingresso nel capitale della Finarte di Francesco Micheli; la Nuova Autovox, che farà una società con la Philips e l' assistenza tecnica della Fiat (la Autocar) per la progettazione di una nuova autoradio digitale; la Europhon di Mantova e il marchio Voxson, che confluiranno in Hantarel, nuova società tra la Rel e la Hantarex della famiglia fiorentina Meoni.

 

2001

Luciano Meoni (Firenze), già amministratore della Semio, finito in carcere in passato per la bancarotta della Hantarex, l' azienda di famiglia già leader in Europa nella produzione di monitor

 

corriere delle sera

...Potrebbero sembrare discorsi di circostanza ma acquistano un peso diverso se si torna alla data di nascita della piu' disastrata fabbrica romana. Partita con apparente slancio nel 1983, da una costola della vecchia Autovox Spa, che nell' epoca del suo fulgore controllava il 40% del mercato italiano delle autoradio, la Nuova Autovox deve presto ricorrere al denaro dello Stato per rimanere sul mercato. Quaranta miliardi arrivano nell' 85 grazie a un intervento Rel (la finanziaria pubblica di settore). Tutto inutile: i conti in rosso non commuovono la Rel che non ricostituisce la sua quota di capitale. Risultato: il fallimento dell' 88

Sèleco è una nota azienda italiana sita a Pordenone (località Vallenoncello) che ha segnato la storia nel campo dell'elettronica di consumo. Il marchio e lo stabilimento sono passati a nuova gestione grazie al nuovo assetto proprietario, che ha dato alla luce Super//Fluo S.p.A..

Storia Seleco

Sèleco nasce negli anni '60, quando il cav. Lino Zanussi incarica l'ing. Giorgio Tranzocchi di aprire la Zanussi Elettronica. Stava esplodendo in quegli anni il mercato dei TV in Italia e su tale onda nasce il marchio Sèleco che conquista grande notorietà e numerosi riconoscimenti nel mondo per qualità e design. Nel 1984 in seguito alla cessione del ramo aziendale da parte della Zanussi Elettronica, Sèleco diviene un'autonoma azienda di elettronica specializzata nella produzione di televisori in bianco e nero commercializzati a marchio Rex e Zanussi (quest'ultima risale al 1965, a sua volta nata da una costola dello stabilimento delle Industrie Zanussi di Porcia). Rossignolo diviene così prima presidente e poi azionista di riferimento della Sèleco. In realtà quindi Sèleco è l'erede di una lunga storia di elettronica del consumo iniziata nel lontano 1947 e indirizzata successivamente alla produzione di televisori. Nel corso degli anni Sèleco gode di momenti di successo uniti a periodi bui determinati dalle incessanti evoluzioni di un mercato dinamico come quello dell'elettronica di consumo, nel quale le continue innovazioni tecnologiche sono necessarie per evitarne l'estromissione ad opera dei tanti concorrenti.

Gli anni '80 sono caratterizzati dai grandi investimenti economici in marketing e in comunicazione (una tra le tante la sponsorizzazione della Lazio Calcio), mentre a livello produttivo nascono i primi televisori digitali.

Gli anni '90 vedono un massiccio impegno aziendale nell'ambito dei decoder per la pay tv (Telepiù). Nel 1993 va incontro a una nuova crisi dovuta alla perdita di competitività sul mercato; nel tentativo di risollevare le proprie sorti la Sèleco Spa acquisisce dalla Famiglia Brion il marchio Brionvega, conosciuto da tempo a livello nazionale per gli eleganti ed originali modelli creati da celebri designer italiani, tra cui Franco Albini, Marco Zanuso e Richard Sapper, Mario Bellini.

Il tentativo di ripresa non produce gli effetti sperati poiché il mercato stava concretamente vivendo momenti di vera crisi: la Sèleco giunge all'inevitabile fallimento nel 1997; i curatori, nominati dal Tribunale di Pordenone, sono l'avvocato Stefano de' Micheli di Padova e il dottor Roberto M. Rubini di Verona.

Nonostante ciò, il capitolo si riapre nell'anno seguente, quando la famiglia Formenti rileva dalla procedura fallimentare la Sèleco S.p.A. e, conseguentemente, i marchi ad essa associati, quali Brionvega, Phonola, Imperial, Stern, Phoenix, Televideon, Kerion ,Webrik e Walkie.

La proprietà a questo punto passa in mano a persone dotate di lunga esperienza nella produzione di televisori, motivo per cui si predilige la realizzazione di quelli a tubo catodico, mentre viene gradualmente ripresa la produzione di Doney, Algol e CuboGlass, fiori all'occhiello del brand Brionvega.

Determinanti nei primi anni del 2000 sono le operazioni di dumping dei concorrenti turchi che provocano un crollo dei prezzi nel mercato a causa della loro schiacciante competitività. Si giunge all'ultima e inesorabile crisi della Sèleco S.p.A., che decide di avviare la produzione dei primi LCD (Ego 15 pollici), mentre si cerca di dare continuità al marchio Brionvega attraverso la creazione di Doge ad opera del noto designer Mario Bellini. La situazione critica in cui versa l'azienda diventa insostenibile a tal punto che nel 2004 Sèleco-Formenti S.p.A. viene posta in liquidazione; nel febbraio del 2005 viene affidata per un anno l'Amministrazione provvisoria a Giovanni Formenti. Un anno dopo, nel febbraio 2006, la Sèleco Formenti S.p.A. entra in Amministrazione straordinaria gestita dal Professor Francesco Fimmanò, mentre l'originario fallimento della Seleco S.p.A. continua ad essere curato dall'avv. Stefano de' Micheli di Padova e dal dottor Roberto M. Rubini di Verona.

Si giunge a un punto di definitiva svolta per le sorti di Sèleco nell'agosto 2006, quando l'imprenditore friulano Marco Asquini, affiancato dal fratello Carlo, decide di rilevare l'azienda, cambiandone il nome in Super//Fluo S.p.A.: nel pacchetto acquisitivo sono compresi tre marchi storici della televisione made in Italy (Sèleco, Brionvega ed Imperial) più una serie di brand di minore rilevanza. Da allora i due fratelli Asquini operano con gran dedizione al rilancio dell'azienda e dei suoi prestigiosi brand, impegnandosi fin dall'inizio alla riassunzione di 75 dei 110 dipendenti provenienti dalla vecchia gestione di Sèleco.

A un mese esatto dall'accordo di acquisizione, il 14 settembre 2006, i due imprenditori optano per il riaccorpamento del ramo aziendale allo storico stabilimento della Sèleco sito a Vallenoncello nel comune di Pordenone). Prende avvio il rilancio di Super//Fluo grazie all'esperienza maturata sul campo da parte dei fratelli Asquini, affiancati da un gruppo di collaboratori fidati che da sempre segue Marco Asquini nelle sue sfide imprenditoriali. Il punto di partenza è riposto sull'attenta analisi del mercato di riferimento, osservato e studiato per investire da subito tutte le energie in un obiettivo comune condiviso dal gruppo, quello di sviluppare dei prodotti tecnologicamente all'avanguardia e dall'elegante design, che restituiscano credito al made in Italy.

A questo punto nascono nuove collaborazioni e prendono il via numerosi ed entusiasmanti progetti, uno tra i quali il rilancio dello storico brand Brionvega: ad aprile 2007 viene a tal proposito presentato alla Triennale di Milano, in occasione del Salone del Mobile, il nuovo modello, erede della tradizione Brionvega, dal nome “Alpha”. L'ottima riuscita del progetto di Super//Fluo è stata reputata tale dalla nota rivista inglese Wallpaper che, nell'aver stilato una classifica sul “Design Award”, ha premiato Alpha come uno tra i cinque migliori prodotti per il Best Domestic Appliance (Londra, 10 gennaio 2008).

Nella stessa sede del Salone del Mobile viene ufficialmente presentata la limited edition dei ringiovaniti modelli della famiglia Brionvega: Algol e Doney.

Contemporaneamente al lancio di Alpha, Super//Fluo comincia a produrre e a commercializzare televisori a marchio Imperial. Sotto questa ondata evolutiva l'azienda potenzia le attività di comunicazione al mercato: un primo esempio risulta la partnership con Mediaset per quanto riguarda la fornitura di televisori alla trasmissione Fuori Giri che accompagna ogni appuntamento del Motomondiale 2007.

Nel settembre 2007 Super//Fluo festeggia con "S//elebration First" il primo anno di attività: in questa particolare circostanza Marco e Carlo Asquini istituiscono una super//limited edition chiamata “I Plinti”, che si compone di 38 Algol rieditati in versione nera opaca, ciascuno dei quali numerato, quale simbolo delle nuove fondamenta dell'azienda. I Plinti vengono consegnati alle 38 persone che hanno contribuito attivamente al raggiungimento di questo primo, ma già significativo, traguardo. Il team Super//Fluo collabora inoltre alla realizzazione dell'allestimento per “Venti di Striscia” mediante la fornitura di 4.136 photo frame in occasione del festeggiamento dei primi 20 anni del TG satirico; è il più imponente allestimento del genere mai realizzato, risultato degno di entrare nel libro del guinness dei primati. Il marchio Sèleco ha messo in scena un coinvolgente mosaico di gag, battute e momenti d'oro che hanno segnato l'evoluzione di Striscia la Notizia dal 1988 ad oggi.

Nell'inverno 2007-2008 Super//Fluo ha presentato la nuova radio "Aradio". Successivamente si è inserita una linea video composta dal televisore "Primo" dotato di una costruzione fuori dal comune e pannello full hd, e il modello Bivio che proponendo un design più comune è caratterizzato comunque da soluzioni tecnologiche uniche nella sua fascia di prezzo come la tecnologia dei microchip Genesis e Faroudja.

È del 4 marzo 2009 la notizia apparsa sul messaggero veneto di tale giorno a pagina 4 (http://ricerca.gelocal.it/messaggeroveneto/archivio/messaggeroveneto/2009/03/04/PN_04_PND3.html) che anche la Super//Fluo è in liquidazione. Questo pare per facilitare un accordo con un partner di Taiwan. Secondo Il messaggero veneto il partner sarebbe la società cinese A-data.(

ZANUSSI

Quando nasce Lino Zanussi, il tessile assorbe a Pordenone la quasi totalità dell’occupazione nell’industria. In tale contesto economico, dal 1917 il padre Antonio Zanussi è titolare di una officina per la fabbricazione di cucine a legna, che egli conduce con successo nei trent’anni successivi alla sua fondazione, inventando il marchio “Rex”. Alla sua morte, avvenuta il 21 novembre 1946, l’azienda, che produce in tutta la regione, conta un centinaio di dipendenti.

L’azienda del padre Antonio viene ereditata da Lino e dal fratello Guido Zanussi che, in cambio di una quota maggiore di proprietà, gli cede la gestione. Essi decidono di produrre per il mercato nazionale. Educato dal padre al senso degli affari, immerso fin dalla giovinezza nelle problematiche dell’azienda, Lino, con geniale e intraprendente spirito imprenditoriale e mosso da un senso calvinista del lavoro, ereditato dal padre, sviluppa e fa crescere l’azienda in pochi anni, fino a farne in due decenni una delle maggiori industrie europee di elettrodomestici, leader in Italia e in Europa nel mercato degli elettrodomestici per la casa (produzione di cucine a gas ed elettriche, fornelli a gas, lavatrici, lavastoviglie e frigoriferi, venduti con i marchi Rex e Naonis) e nell’elettronica (produzione di televisori con il marchio Seleco).

L’impresa arriva in poco tempo a conquistare il primato europeo degli elettrodomestici. Questo impetuoso sviluppo industriale viene condotto all’insegna della ricerca di un continuo incremento del fatturato e del sempre migliore rapporto tra alta qualità del prodotto e basso prezzo di vendita (Piero Martinuzzi, Nico Nanni, “Lino Zanussi”, Edizioni Studio Tesi, Civiltà della Memoria, Pordenone, 1993). Secondo Lino Zanussi, infatti,

“… per vendere dobbiamo produrre una qualità migliore a costi inferiori; se viene meno uno di questi due requisiti, perdiamo il mercato …”.

La Zanussi si specializza internamente nelle diverse funzioni di una grande e moderna impresa industriale: nascono progressivamente le funzioni marketing, finanza, gestione del personale. Il design è considerato uno degli elementi importanti del prodotto: nasce la “sezione disegno industriale”. Lino Zanussi, sensibile alla crescita e allo sviluppo del suo management, partecipa alla fondazione del CUOA (Centro Universitario di Organizzazione Aziendale di Padova). Prima, nella primavere del 1963, riceve dall’Università di Padova la laurea honoris causa in ingegneria industriale.

Accanto agli elettrodomestici per la casa, nel 1960 vengono prodotti i primi televisori, e due anni dopo (1962) la produzione italiana di elettrodomestici supera per la prima volta quella della Germania, fino ad allora principale produttore europeo. In un momento di crisi del mercato nazionale, agli inizi degli anni ‘70 le industrie Zanussi (site nei due grandi stabilimenti di Porcia e di Vallenoncello) acquisiscono altre imprese sul territorio nazionale, diventando il Gruppo Zanussi. Alla morte di Lino Zanussi, nei 13 stabilimenti del Gruppo lavoreranno 13.000 persone.

In occasione di particolari momenti celebrativi, Lino Zanussi ospita a Pordenone il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat (1966), il Presidente del Senato Cesare Merzagora (1967), che avrà un ruolo importante nella designazione della città di Pordenone in provincia, e il Presidente del Consiglio Aldo Moro (1967). Il Presidente Giuseppe Saragat, accompagnato il 21 ottobre 1966 negli stabilimenti Zanussi di Porcia dall’allora ministro dell’Industria Giulio Andreotti, sostiene, in occasione della visita, che

“quando si parla di Patria, bisogna pensare alla Patria vivente. Patria vivente che si lega naturalmente al passato, che si proietta nel futuro, ma che è rappresentata dai cittadini che vivono oggi. E vivono nella forma più nobile, che è quella del lavoro. Esso è qualcosa di più di una forza creatrice di ricchezza: il lavoro è il più grande creatore di forza morale con la quale si fonda una società civile”.

Lino Zanussi condivide questa idea del lavoro inteso come fonte di moralità e di civiltà: nella sua concezione dell’impresa, padronale ma non paternalista, moderna e razionale, radicata sul territorio, ma già avviata alla globalizzazione dei mercati (con una presenza dominante sul mercato europeo, con l’attenzione costante all’America, per assimilarne know-how tecnico e gestionale, e con una strategia già orientata verso i Paesi dell’Est europeo), l’azienda deve creare ricchezza per i lavoratori e per il terriorio circostante, incidendo su di esso anche sotto il profilo sociale e culturale. In pochi anni, il tessuto economico e industriale di Pordenone si vede, così, a causa della forte crescita del Gruppo Zanussi, radicamente trasformato anche in senso politico, sociale e culturale.

Ma nelle preoccupazioni dell’imprenditore pordenonese il terriorio di Pordenone non deve dipendere tutto dallo sviluppo di una sola impresa, per quanto grande essa sia; le attività economiche della città devono diversificarsi, per non dover incorrere nel declino, nel momento di una possibile crisi della Zanussi. È proprio grazie a questa avvedutezza, al fatto cioè che il tessuto economico e industriale di Pordenone abbia saputo diversificarsi nei suoi diversi settori e distretti (carpenterie metalliche, macchine agricole, cartiere, macchine tessili, mobilifici, coltellerie), e risultare in parte autonomo dal settore metalmeccanico, che oggi Pordenone costituisce una realtà industriale dinamica, ricca e diversificata, non più identificata con la sola Zanussi. Questa, accanto agli elettrodomestici, che coprono il 75 % del fatturato, sviluppa sul finire degli anni ’70 altre attività, tra cui l’edilizia industrializzata e l’elettronica (fonte: Lessico Treccani, voce "Zanussi"). La gestione di Lamberto Mazza, direttore finanziario, succeduto a Lino nella guida del Gruppo Zanussi, è stata caratterizzata da ambiziose acquisizioni e diversificazioni, che hanno trasformato l’azienda in una multinazionale, come la seconda realtà metalmeccanica in Italia dopo la Fiat. Il Gruppo Zanussi, incorso successivamente in difficoltà finanziarie, è stato incorportato dalla svedese Electrolux (1984).

Lino Zanussi ha fondato la Casa dello Studente, intitolata al padre Antonio, e un Istituto Professionale per l’Industria e l’Artigianato, che oggi porta il suo nome, l’Istituto Ipsia Zanussi. Il Centro Culturale Casa A. Zanussi Pordenone detto “Casa dello Studente”, è stato concepito dal suo fondatore e dal suo primo e attuale Direttore, Mons. Luciano Padovese, come un centro culturale polivalente di riferimento per tutto il terriorio della regione. Esso, nei suoi molti anni di attività, ha richiamato, per convegni e mostre, le migliori intelligenze creative, artistiche, culturali e accademiche del Triveneto e d’Italia, sì da essere conosciuto in tutto il Paese e all’estero.

Il pensiero economico-aziendalistico [modifica]

(tratto dalla lezione tenuta da Lino Zanussi all’Università Popolare di Udine in data 8 maggio 1968, intitolata: “Come vive un’impresa competitiva”)

La concezione della competizione Secondo Zanussi, “l'impresa è viva e vitale in quanto deve affrontare, giorno per giorno, un'esistenza altamente competitiva fatta di confronti, di alternative e di continue scelte”. Alla domanda “Che cos'è dunque un'impresa “competitiva” ? Zanussi risponde inizialmente riportando la distinzione tra impresa concorrenziale e impresa competitiva: la prima è quella che, prima della seconda guerra mondiale e del successivo affermarsi del mercato comune europeo, operava in “un regime di produzione e consumo dei beni vincolato a regimi autarchici, a protezioni doganali, a regimi valutari artificiosi”, la seconda opera invece “in modo da competere con i livelli di produttività più elevati su scala internazionale”.

Il secondo dopoguerra ha prodotto, oltre alla competizione, “lo sviluppo della ricerca scientifica e dell'invenzione tecnologica”. Osserva Zanussi che “l'andamento che ha preso lo sviluppo tecnologico dopo la guerra è stato sempre più rapido”. Esso ha condotto così alla distinzione tra imprese tecnologicamente avanzate e imprese arretrate sul piano dell’innovazione scientifico-tecnologica. Competizione è secondo Zanussi, infatti, sinonimo di innovazione, “la cui presenza, o meno, nella vita di un'impresa è il sintomo più sicuro della sua validità competitiva, o dell'incertezza del suo futuro”. L’impresa deve saper introdurre innovazione nei suoi prodotti e all’interno delle sue funzioni, per sopravvivere alla competizione e vincerla.

I caratteri dell’impresa Zanussi Secondo Lino Zanussi è la dimensione di una grande impresa come la Zanussi la prima caratteristica di un’azienda che ha dovuto affermarsi sul piano della competizione nazionale, europea e internazionale, nel mercato degli elettrodomestici. Egli afferma che la grande dimensione è stata la conseguenza necessaria per poter produrre a bassi costi, mantenendo però una elevata qualità del prodotto. Afferma l’Industriale che “l'innovazione della nostra dimensione consiste anche nella specializzazione del prodotto e nell'integrazione verticale … grandi dimensioni e specializzazione sono … due requisiti che si abbinano e si integrano a vicenda”. Con queste caratteristiche la Zanussi ha conquistato il mercato nazionale e si è affacciata con successo sul mercato internazionale. Ma l’innovazione di prodotti, processi, medoti gestionali, comporta che l’impresa sia tutta investita da un’“anima interna”, intesa come vita interiore dell’azienda ricca di motivazione e di ambizione.

Un primo aspetto di questa vita interiore è quello organizzativo. Dice Lino Zanussi che un’impresa come la Zanussi è potuta evolvere da azienda artigianale a grande impresa industriale e multinazionale, in poco più di vent’anni, innovando nelle funzioni, nella necessaria dimensione burocratica interna e nei medoti di direzione.

Le risorse umane Alla base del successo della Zanussi sta la sua vita interna, la sua “anima”, e questa è definibile come efficienza e competitività organizzative interne. Il Gruppo Zanussi ha sempre rivolto grande attenzione al “modo” di lavorare dei suoi dipendenti e della sua dirigenza, cioè al personale. Sono particolarmente curati la selezione del personale, il suo addestramento, la definizione dei suoi obiettivi di rendimento, e la disciplina interna di una piccola “città aziendale” con 13.000 dipendenti. Afferma Lino Zanussi che “la capacità, il rendimento, il comportamento del personale [hanno] un peso notevole nel rendere un'impresa più competitiva di altre”.

Il pensiero creativo Per Lino Zanussi l’impresa può avere un’anima di efficienza e di competitività anche grazie alla qualità dei suoi quadri dirigenziali, che, nel caso della Zanussi, in vent’anni sono stati costruiti dal nulla. Per Lino, essi creano il giusto spirito di competitività e di innovazione all’interno dell’azienda, la solidarietà dei lavoratori per un destino comune. Ma – osserva l’Industriale pordenonese – essenziale è il loro aggiornamento, “che è fattore importantissimo di competitività”, perché sta alla base del "creative thinking”, il pensiero creativo, fonte di innovazione, il quale è inteso come il prodotto dello studio, della rilfessione e del confronto tra i dirigenti d’impresa.

L’azienda opera in mercati in continua evoluzione e cambiamento, dove l’incertezza obbliga l’impresa ad innovare il prodotto per incontrare i gusti e i desideri sempre cambianti dei suoi clienti. Tutte le funzioni dell’impresa devono innovare, e questo continuo lavoro di cambiamento e di miglioramento, nell’efficienza dell’uso delle risorse, e nell’efficacia del perseguimento degli obiettivi, deve essere stimolato dalla direzione d’impresa. Dice a questo riguardo Lino Zanussi: “Se un merito od un pregio crediamo di avere, è quello di aver sempre cercato di mantenere questa "carica" di aggiornamento e di inquietudine, questa continua ricerca del confronto, e quindi del nuovo e del meglio”. E, d’altra parte, annota Zanussi, l’impresa non ha scelta: l’alternativa è l’uscita dal mercato. Lino Zanussi è inoltre consapevole dell’importanza centrale della tecnologia dell’informazione, che lega il centro alla periferia, velocizza i processi di comunicazione e decisionali, incrementa l’innovazione e l’efficienza dei processi, di produzione e gestionali.

La struttura pensante dell’azienda Secondo Lino Zanussi, la “vera essenza” del lavoro di direzione consiste nell’incrementare la “struttura pensante” dell’azienda, costituita dal patrimonio di conoscenze, informazioni e intuizioni di cui sono dotati tutto il personale, i tecnici e i dirigenti stessi. Questo aspetto del lavoro direzionale è quello stesso che riguarda il ruolo di Lino all’interno della Zanussi. La direzione generale deve coordinare, in unità e quindi coerentemente, tutti gli aspetti dell’azienda precedentemente analizzati, come l’innovazione, la dimensione, l’organizzazione, il personale, i quadri, l’aggiornamento, l’informazone e la gestione.

Zanussi afferma di aver potuto svolgere la sua funzione direzionale attraverso tre leve: il lavoro di gruppo (“lavoro che si attua prevalentemente nelle riunioni di direzione e che rappresenta la parte preponderante della mia giornata di lavoro”), la delega (che trova il suo limite nel controllo dei risultati ottenuti) e la pianificazione degli obiettivi, che evita la frammentazione dell’azione strategica in una grande impresa. Afferma Lino Zanussi “se oggi … la stampa inglese parla di noi come della "prima industria del mercato comune", è anche perché abbiamo cercato di impostare e condurre un lavoro di direzione organico e costante … la capacità di innovazione che è richiesta ai dirigenti ed ai quadri deve essere la sostanza del lavoro direzionale”.

L’impresa nel suo ambiente “esterno” Nell’arco di vent’anni, la Zanussi ha prodotto per un mercato regionale, divenuto poi nazionale, europeo e infine mondiale. Per Lino produrre per un mercato estero significa prendere coscienza di dover operare con una mentalità aperta, significa presentare non solo prodotti a clienti, ma un’immagine dell’azienda e del paese d’origine all’opinione pubblica e politica del paese ospitante, e anche questa apertura alle relazioni internazionali è indice della capacità competitiva dell’impresa.

Riguardo al rapporto dell’impresa con l’ambiente interno, Lino Zanussi sottolinea due momenti particolari della vita dell’impresa: le relazioni con i sindacati, che devono salvaguardare le condizioni competitive dell’azienda; le relazioni con il mondo politico e l’amministrazione locale, che devono coordinare con l’impresa uno sviluppo che possa corrispondere agli interessi economici dell’impresa e al bene (insieme sociale e ambientale) della comunità locale.

Da questo punto di vista, Lino Zanussi è consapevole della responsabilità sociale dell’impresa, e in particolare del Gruppo Zanussi per il territorio del pordenonese: “Tutto è discutibile nella vita di un'impresa meno che la sua responsabilità di fronte a sé stessa, agli uomini che vi lavorano, ai suoi fornitori, ai suoi clienti, al sistema economico di cui fa parte … la competizione industriale e commerciale finisce per collocare nelle posizioni più avanzate proprio le imprese che nelle idee, e soprattutto nei fatti, sanno imprimere il marchio invisibile, ma decisivo, di una linea di condotta mediata e responsabile”.