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al 1939: Radio Pontello ing. Celio, Venezia Lido, via Dandolo,58.
anno cost. 1933
Da :L' agonia dell' Autovox, cinquant' anni di fatti e misfatti romani di ROBERTO DELLA ROVERE, 10 aprile 1996 Corriere della Sera
Finira' il 14 giugno con la cessazione della cassa integrazione per i 234 lavoratori, la lunghissima agonia dell' Autovox di via Salaria. Sarà l' atto di morte ufficiale (da anni la fabbrica e' uno scatolone vuoto, oggetto di trattative per farne un centro commerciale) di una delle aziende "storiche" dell' industria romana: protagonista nel bene e nel male, di un "pezzo" di storia industriale e sindacale della città . Una storia che prende avvio agli inizi degli anni ' 30 quando Giordano Bruno Verdesi, affascinato dal nascente mondo della radio, fonda la sua prima creatura, che chiama "Industria audiotecnica italiana". E quando propone il primo esemplare di autoradio . uno scatolone ingombrante e gracchiante . la novità suscita al più qualche curiosità . Si addensa intanto la bufera sull' Europa: così accantonata l' idea dell' autoradio "civile", il giovane imprenditore si trova proprietario di uno stabilimento per la fabbricazione di guerra. Ma l' 8 settembre, con l' occupazione tedesca, non risparmia neppure la sua fabbrica: le autorità germaniche mettono i sigilli, proibiscono ogni produzione. La pace ritrova Verdesi senza più nulla, salvo il vecchio sogno dell' autoradio. E Giordano Bruno ricomincia da capo: inizia di nuovo lo studio di quelli che ancora si chiamano "ricevitori per auto", perfeziona le tecnologie, inizia una produzione su scala industriale. Siamo al 1953: vengono acquistati dei capannoni sulla via Salaria e qui, in questa terra rubata al pascolo di buoi e pecore, nasce l' Autovox. Vittorio Valletta, in questi anni "nume" indiscusso della Fiat, non si fa sfuggire la novità , le autoradio romane conquistano i mercati. Nel frattempo si è affacciato un altro protagonista: il televisore. Ed è ancora l' Autovox a conquistare i mercati. Nel ' 69 e nel ' 70 il clima dentro l' azienda si fa pesante: scioperi, proteste, anche qualche azione di sabotaggio. L' oramai cavaliere del lavoro Bruno Verdesi, decide di passare la mano: non prima di aver assicurato , così almeno crede , l' avvenire della fabbrica e dei 2.700 lavoratori cedendola all' americana "Motorola". La fabbrica è sana: già pronta perfino al Tv color, in anticipo su francesi e tedeschi. Ma i politici già si allenano a "Tangentopoli": e sul Tv color inizia un assurdo balletto di veti incrociati. Gli stessi americani, capita l' antifona, mollano l' osso. Nell' 83, a sorpresa, l' Autovox viene comperata da Franco Cardinali, fino allora sconosciuto imprenditore di Terni. La situazione dell' azienda appare già compromessa, ma Cardinali va avanti, fonda un' altra societa' , la "Nuova Autovox". Confida in un finanziamento di 40 miliardi da parte della Rel, la finanziaria pubblica creata per salvare le aziende elettroniche in crisi. E lo ottiene assieme al 46% delle azioni. Di suo ha messo solo 500 milioni. Si grida allo scandalo, nasce una commissione d' inchiesta composta di tre saggi: manco a dirlo, non si conclude nulla. Quel che segue in una serie incredibile di intrecci proprietari e giudiziari, potrebbe essere riportato in un manuale del malcostume politico amministrativo. E nell' agosto dell' 88 si giunge al fallimento e alla nomina di un commissario straordinario, il professor Riccardo Gallo. Inizia una serie infinita di tentativi di liquidazione, tutti vani. Spes ultima dea: ora i sindacati affermano che "in questi ultimi due mesi rimane ancora una possibilità di vendita dello stabilimento con la ricollocazione di una parte dei lavoratori". Ma sembra una pietosa bugia: l' unica prospettiva per i lavoratori rimasti è , ammettono gli stessi sindacati, un progetto di lavori socialmente utili. Si attende insomma una mano tesa dal Campidoglio.
al 1938. Bezzi C6E, Milano via Poggi, 14-24
anno cost. 1924, capitale £ 150 000. Proprietari Carlo ed Enrico Bezzi.
al 1938: Ducati, Società Scientifica Radio Brevetti Ducati, Bologna, stabilimento a Borgo Panigale
anno cost. 1926, capitale 2 000 000. Presidente Dr. Ing. Giuseppe Ramazzotti, cons. del.Comm. Bruno Cavalieri Ducati, Direttore
Cav. Uff. Adriano Cavalieri Ducati. Direttore lavori Cav, Marcello Cavalieri Ducati.
Vedi anche a Personaggi
Ducati da AIRE
Il
capostipite della famiglia Ducati, l'ing. Antonio Cavalieri Ducati
(laurea in Ingegneria Industriale al Politecnico di Milano, nel 1882) si
occupava professionalmente di problemi di idraulica e di costruzioni
ferroviarie. La capacità imprenditoriale dell'ingegnere e la predisposizione
per la nascente elettronica del primogenito Adriano (gli altri
due fratelli erano Bruno e Marcello, il più
giovane) portò a fondare nel 1925 la SSR Società Scientifica Radio
(con sede a Bologna) per la produzione di condensatori a mica Manes.
Nel frattempo Adriano, diciottenne studente di fisica con la sua passione per la
radio, costruì i suoi primi trasmettitori radio, sino a realizzare nel 1924 un
collegamento Italia - Stati Uniti che gli valse il riconoscimento della Croce di
Cavaliere della Corona d'Italia (a soli ventuno anni). Importanti anche i suoi
successi nell'ambito dei collegamenti ad onde corte e cortissime.
La volontà
di creare una vera azienda si va consolidando e nasce, nel 1926, la Società
Scientifica Radio Brevetti Ducati per sfruttare i numerosi brevetti
conseguiti da Adriano.
Questi eventi segnarono l'avvio dell'avventura industriale Ducati nel capoluogo
emiliano.
Alla morte di Antonio Cavalieri Ducati (1927), Bruno prese il timone ampliando
la produzione ad altri componenti tra i quali i condensatori variabili di alta
precisione, per la produzione dei quali fu necessario impiantare una fonderia
con macchinari particolari.
Nel 1932, sempre a Bologna, nell'azienda lavorano già 500 persone e si fa
strada la necessità di ampliare lo stabilimento per fare fronte alla crescente
richiesta di condensatori, anche da parte dell'industria elettrica che si andava
sviluppando. In pochi mesi si realizzò (1935), con concetti moderni, lo
stabilimento di Borgo Panigale (BO) su di un area di 120.000
mq. ed iniziò quindi l'uscita dell'azienda dagli ambiti strettamente
provinciali. I fratelli Ducati mantennerò, però, sempre nella gestione
aziendale quella visione positivista che li spingeva a considerare l'azienda
come un motore di benessere per tutti e che doveva soprattutto sviluppare un
forte senso di appartenenza anche attraverso la creazione di un Dopolavoro
aziendale.
Alla fine
degli anni '30 la consistenza dei dipendenti raggiunge le 11.000 unità. Questo
porterà a sviluppare e realizzare prodotti estermamente diversificati: dal
binocolo marino BIMAR (licenza ZEISS), al RASELET
(primo rasoio elettrico italiano); dalla DUCONTA prima macchina
addizionatrice italiana, al DUFONO capostipite degli
intercomunicatori aziendali; dalla Microcamera Fotografica Ducati,
al Proiettore Cinematografico Ducati (passo ridotto 16 mm.).
Nello stesso periodo inizia la produzione anche di apparecchi radio
con una gamma che spazia dalla semplice radio al costoso complesso con
giradischi. Per i relativi mobili, che ebbero una indubbia originalità, venne
acquistato uno stabilimento a Parona di Valpolicella in provincia di Verona. Del
"design" degli apparecchi si occuperà Marcello Ducati.
Ma Ducati
voleva dire soprattutto innovazione tecnologica e per questo dal 1941, con a
capo Adriano Ducati, si costituì in una località decentrata (San Ruffillo), un
Centro Ricerche in cui lavoravano circa cinquanta persone
altamente qualificate che già si preoccupavano di ciò che si sarebbe dovuto
produrre dopo la fine della guerra.
Nel
periodo bellico l'azienda dovette dedicarsi alla produzione militare (Commissariamento
per le fabbricazioni di guerra) e subì bombardamenti che la danneggiarono
gravemente. La ripresa (1951) vide di nuovo Ducati impegnata a produrre in tre
settori:
1) Settore meccanico, produzione ciclomotori (il famoso Cucciolo del 1946)
2) Settore radio elettronico, per la produzione di condensatori ed apparecchi
radio
3) Settore ottico
Nel 1954, liquidate le precedenti aziende, vengono create due
Società: Ducati Elettrotecnica e Ducati Meccanica.
Da questo
momento inizia un vorticoso giro di proprietà che porteranno alla progressiva
disgregazione dell'azienda originaria. Ducati Elettrotecnica
passa alla Finanziaria Ernesto Breda e da questa (1960) viene ceduta alla
francese C.S.F (Compagnie Sans Fils). che possiede già la Microfarad di Milano.
L'assorbimento di quest'ultima da parte della Ducati Elettrotecnica (che diviene
Ducati Elettrotecnica Microfarad), da origine ad una azienda di
quasi 3000 dipendenti. Sembrano essere ritornati gli antichi fasti ma è un
risultato effimero perchè, nel 1975, il Gruppo francese decide di disfarsene e
le Partecipazioni Statali la affidano alla Zanussi. Nel 1982 la Zanussi va in
crisi ed è rilevata dalla Elettrolux svedese che decide a sua volta di disfarsi
della Ducati. Nel 1984 nuovo "ribaltone": nascono Ducati
Radiotelecomunicazioni (settore apparecchi radio) e Ducati
Energia (settore elettrotecnico). La prima delle due è ceduta dalla
Zanussi alla Novel (Pero/Milano) specializzata in radiocomunicazioni. Fine della
"corsa".
per face progettò il designer Richard Neagle
al 1938: Fabbrica Apparecchiature per Comunicazioni Elettriche ( ha assunto l'attività industriale e commerciale della Standard Elettrica Italiana) Milano via Dante, 18, officine via Vittoria Colonna, 9. Roma in via Emilia, 86.
Nel 1932 ha assorbito la SITI
Capitale 8 500 000
Face da AIRE
F.A.C.E. Standard.
La
storia della radiotecnica italiana, possiamo dire, nasce dal settore telefonico
che, tra la fine dell’ottocento e gli inizi del novecento, incomincia ad
affermarsi come mezzo di pubblica utilità. Tutto parte da un gioco di fusioni
ed acquisizioni a vari livelli internazionali.
La ATT
(American Telephon & Telegraph) e la ITT (International
Telephon & Telegraph), due colossi della telefonia e telegrafia americani già
agli inizi dello scorso secolo (la ATT aveva alle spalle i laboratori
della Bell), operavano una, prevalentemente, all’interno
degli Stati Uniti (ATT) e l’altra, sui mercati mondiali. La ATT (agli inizi
degli anni ’20) cedette le sue attività estere alla ITT e quindi la sua
succursale in Italia Western Electric Italiana (1909)
che, nel frattempo, aveva assorbito, in tempi successivi, l’attività nel
settore telefonico dei fratelli Gerosa. La sede produttiva iniziale fu a Milano
nelle Officine Gerosa (Via Vittoria Colonna).
Da quest’operazione internazionale della ITT, nasce la Standard
Electric Italiana e dalla successiva incorporazione, da parte di questa
ultima, della SITI Doglio (nata nel 1917) viene creata
(1935) la F.A.C.E. Standard (Fabbrica Apparecchiature
per Comunicazioni Elettriche), come scorporo delle attività
produttive. La sede operativa e la fabbrica saranno collocate negli ambienti
S.I.T.I. in via Bodio (Milano Bovisa). La vicinanza allo scalo merci ferroviario
fu strategico, ma anche drammatico perche i bombardamenti del '43/'44
distrussero l'intero complesso. L’erede finale di questa complessa “partita
a scacchi” sarà, nella seconda metà degli anni ’80, la francese Alcatel.
Nella
realtà la produzione F.A.C.E. Standard di apparecchi radio civili fu
praticamente inesistente, perchè la vocazione della società era esclusivamente
telefonica (centrali di commutazione e ponti radio) ed orientata alle forniture
militari di apparati, anche radio trasmittenti. Per questo motivo il modello Face
RM6 è, con la versione radiogrammofono (RMG6),
l’unico costruito negli anni successivi alla costituzione dell’azienda.
Inoltre, molto probabilmente, questi due modelli non furono mai venduti al
pubblico, ma solo ceduti ai dipendenti o ai Circoli Ufficiali delle Forze
Armate.
al 1938. Fara Radio, Fabbrica Apparecchi Radio Accessori, Francesco Bresciani, Milano, via Fiamma, 35
al 1938: Fabbrica Italiana Valvole Radio Elettriche, Milano Corso Venezia, 13, Stabilimento in Pavia, via Filzi,1
anno cost. 1932, capitale 10 000 000, versati 3 000 0000. Presidente S.E. Antonio Stefano Benni, Amm delegato Gr. Uff. Bruno Antonio Quintavalle. Proc Generale ing Umberto Quintavalle.
da radioindustria 1957. Ricorrono i 25 anni dalla fondazione. Artefici il Conte Quintavalle, l'ing B.A. ed il cav. del lavoro Umberto Quintavalle. Creata nel 1932 per iniziativa della fabbrica Italiana Magneti Marelli del cui gruppo fa parte.Primo stabilimento a Pavia. Importante ingrandimento inaugurato l'8 gennaio 1955. Costruisce in proprio tutte le parti delle proprie valvole e possiede anche una trafileria per fili sottili di tungsteno, molibdeno ecc. Si producono pure i carbonati di metalli alcalino-terrosi per il rivestimento dei catodi, il cemento per la zoccolatura. Vetrerie e pastiche integralmente da ditte appartenenti al gruppo. Pur iniziando con sistemi di produzione americani, si è modificata adeguandosi al mercato. Nel dopoguerra accordi di scambio tecnico con General Electric.
Nel campo specifico delle valvole trasmittenti ed industriali nel 1936 è sorto un secondo stabilimento a Firenze. Lo stabilimento veniva distrutto durante l'ultima guerra ma continuata l'attività in sede provvisoria e poi ricostruito. E' recente presso in questo stabilimento la costruzione e lo studio di tubi per microonde, con un tubo ad onde progressive da 4000 MHz, in collaborazione col Centro Studi Microonde. A Firenze si è pure progettato in collaborazione degli specialisti del Cern di Ginevra lo speciale giunto ad alto vuoto per le unità acceleratrici che la Magneti Marelli costruisce per il grandioso ciclotrone in corso di realizzazione. Allo stabilimento di Pavia è riservata la costruzione in grande serie, a Firenze la sperimentazione.
al 1938: Gallo Dr. Ing. Giuseppe, Milano via Porro Lambertenghi, 8
anno cost. 1930. proprietari Dr. leone Gallo e Dr. Ing. giuseppe Gallo.
CONDOR, novità alla ditta Gallo (1945)
é stata inaugurata in questi giorni la nuova sede industriale della Ditta Ing. G.Gallo, con l’apertura dello stabilimento in comuni di Concarezzo. La specializzazione della ditta di vecchia data erano i survoltori Condor, 14 anni fa. La produzione del dopoguerra si orienterà anche a piccoli elettrodomestici oltre l’autoradio Ciclone Six.
Giovanni Geloso
Giovanni Geloso è nato nella repubblica Argentina il 10 gennaio 1901, da genitori piemontesi, colà temporaneamente emigrati. Nel 1904 la famiglia si trasferì di nuovo in Italia e precisamente a Savona.
A Savona frequentò le scuole inferiori, le professionali ed i corsi dell’Istituto nautico. In quest’ultima scuola si manifestarono la sua inclinazione e la predilezione per le scienze matematiche in generale e la meccanica e l’elettricità in particolare.
Nello stesso tempo in cui frequentava le scuole esercitò per sei anni la professione di operatore cinematografico; intanto alla sera si dedicava allo studio della musica.
Sempre nello stesso periodo di tempo, e senza trascurare altre intraprese, trovò modo di organizzare una compagnia di cantanti lirici.
Creò una scuola di meccanica per macchinisti delle Ferrovie di Stato, scuola che egli condusse con successo per vari anni.
Nel 1919, terminati i corsi dell’Istituto Nautico, dette vita ad una azienda per la costruzione di apparecchi elettrici brevettati. I tempi erano duri , ma dopo tre anni già vi trovavano lavoro 60 operai.
Raggiunta la stabilità economica ed il massimo sviluppo, lasciò l’azienda ad un consocio ed emigrò, appena ventenne, per più vaste mete.
Negli Stati Uniti, appena ventiquattrenne giunse alla Pilot Electric Manifacturing Co., da poco costituita. Dopo la laurea in ingegneria conseguita alla Cooper Square University, fu assunto alla direzione dell’Azienda come ingegnere capo. Risolse brillantemente i problemi dati allora dalla nascente radiofonia, come l’alimentazione in alternata ed il comando unico nei ricevitori. Realizzò il primo impianto di televisione funzionante il America, tra New Jersey ed un uditorio di scienziati trai quali Lee De Forest ed il giornalista UgoGernback, anch’egli un pioniere delle radiofonia, uniti nella Philosophic Hall della New York University. Si era nel 1927.
Collaborò per la rivista Radio Design, organo della Pilot, della quale era consulente tecnico. Nel frattempo, nel 1929, la Pilot fu reincorporata col nome di Pilot Radio Television Corporation e subito dopo in Pilot Radio and Tube Corporation. Nel 1930 la Ditta si trasferì nei nuovi locali di Lawrence, Massachusset, un vecchio cotonificio. Ma l’America era nella famosa crisi, le cose andarono male e Geloso tornò in Italia, e la Pilot tornò a New York come nuova ditta, pur mantenendo il nome Pilot.
Precisamente tornò nella sua Terra il 1931 e nel maggio di quell’anno fondò la Soc. Anonima Geloso, a Milano, che ebbe la sua prima modesta sede in via Sebenico, 7.
Durante la II guerra mondiale, Geloso fu denunziato come “ americano” dai fascisti. Sopravvisse nascondendosi in una fattoria per 5 anni insieme alla sua famiglia. Dopo il 1945 riprese la sua attività ancora con successo per molti anni, ma dagli anni ’60 in poi seguì il triste destino degli altri marchi storici della radio italiana. Giovanni morì nel 1968 e l’azienda gli sopravvisse per quattro anni. Poi fabbrica e marchio, acquistati da altri, seguirono varie vicende. Ancora si produce col nome J. Geloso .
al 1938: Geloso John, soc. an. Fabbricazione di Materiale Radioelettrico, Milano Viale Brenta, 18
Stabilimenti in v.le Brenta e via Gianfrancesco Pizzi, 29.
anno cost. 1931, Capitale versato 700 000 amm, del. Ing. Giovanni Geloso. Concessionaria per l'Italia F,M Viotti, Milano
Imca Radio so. an. Alessandria, via F.lli Mortarotti,1
anno cost. 1926 capitale £ 1 200 00, Amministratore unico Filippa Italo
L’ing. Filippa, appassionato di radio, trasformò la sua industria cartaria, Imballaggi Cartoni e Affini, Alessandria, in una di costruzione radio per la quale è ora conosciuta, la IMCA. Il primo modello costruito risulta l’IF65, del 1936, di struttura tradizionale per l’epoca. L’anno dopo, il 1937 applicò i suoi brevetti all’IF 71, con il suo caratteristico tamburo girevole. Costruì ottimi apparecchi che sono rimasti famosi, come i vari esagamma e Multigamma. Nel 1940, seguendo quanto fu dettato dai promotori della IV Triennale della radio a Milano, venne fuori col modello Multi CS, con specifiche militari, chassis radio separato dall’altoparlante, un prototipo simile al quale si nota esposto alla suddetta mostra. I tamburi erano intercambiabili e, nella versione militare, le scale del tamburo erano in carta millimetrata . Nel tamburo delle onde medie e lunghe le medie erano in 7 gamme che spaziavano circa 100 khz ciascuna ed il tamburo per le onde corte era fornito a parte.
Durante il conflitto ci si accorse che il nemico usava frequenze per le quali noi non avevamo nessun apparecchio in produzione. L’ing. Filippa fu incaricato di progettarne uno adatto e di produrlo
aggiunta
La produzione Imca Radio, cominciata intorno al 1935 e proseguita con alterne vicende fin dopo la Guerra, fu sempre rivolta alla realizzazione di apparecchi multigamma di classe professionale. Prima di allora la Imca di Alessandria era una piccola industria che produceva imballaggi di cartone. La svolta produttiva fu decisa dal famoso Ing. Filippa, inventore del telaio a tamburo rotante, che costituì per quasi un decennio un esempio internazionale di qualità ed accuratezza tecnica. L'uso del tamburo rotante (invece del sistema a commutatori) è una scelta che assicura dei vantaggi tecnici, specie nelle gamme delle onde corte. Vi è un indubbio miglioramento della sensibilità, della selettività e della precisione di sintonia. Naturalmente il costo degli apparecchi era alquanto elevato, e rispecchiava la qualità posta in ogni dettaglio costruttivo.
L’ing. Filippa è detentore di vari brevetti e durante l’ultima guerra gli fu affidato progetto e produzione di apparecchi in grado di ricevere certe frequenze del nemico, non previste dalla abituale produzione.
vedi anche grandi ditte
agosto 1945: IMER
Il nome nuovo, IMER di Luino, non deve destare alcuna incertezza in quanto il complesso produttivo è corredato di mezzi materiali e tecnici validi.I ricevitori prodotti appartengono ad una categoria cosiddetta di classe : il 5 valvole Verbano ed il radiofonografo Verbano2°. Imer Radio Industria Meccanica Radiofonica Luino (Varese). Uffici a Milano via P. Capponi,4.
Fra le industrie radiotecniche italiane la IRIM , pur dalla data di costituzione che da la sua licenza che sono tra le più antiche, questa ditta può essere considerata come una azienda nuova perchè sino ad ora non ha mai esplicato una vera e propria attività industriale.
Questa nuova attività è stata data all'azienda dall'attuale Titolare, ing. Mandrioli che l'ha allevata durante il periodo bellico. In tale periodo egli non ha svolto attività costruttiva, ma ha solo curato una serie di progetti che verranno man mano svolti nei prossimi tempi.
Pur non dimostrandosi molto propenso, come tutti gli industriali, a svelare i suoi segreti intendimenti, ci ha mostrato quella parte di produzione che è pronta per essere messa in commercio.
L’ing. Mandrioli intende seguire con molto interesse il movimento dilettantistico, appena i radianti avranno la possibilità di riprendere il proprio traffico e mettere loro a disposizione materiale di qualità. Un certo lavoro di ricerca e di messa a punto è stato già svolto.
Una promessa è il ricevitore per automobile, che si annuncia trattarsi di una realizzazione completamente nuova in particolare per la parte meccanica.
Per il materiale componenti sul mercato saranno prese in considerazione solo grandi forniture e lavorazioni speciali. Non è improbabile, vista l'attrezzatura a disposizione, uno sviluppo nel campo della meccanica di precisione.
al 1938: International Radio IRRADIO, Milano corso Porta Nuova, 15
anno cost. 1931 Proprietario Dott. F.C. Bonifacini
il designer O.F.Heirich ha progettato per Irradio già nel 1940.
Nel 1930, un semplice viaggio di affari, decideva delle sorti di un giovane uomo. Il dott. Franco Corrado Bonifacini, laureato in scienze economiche, poteva tranquillamente seguire pingui rotte già tracciate e consolidare la fortuna di un padre ricco collocato nel settore cotoniero.
Nei suoi ripetuti viaggi in America, però, si rese conto di quelli che potevano essere gli sviluppi dell’industria della radio.
Da allora la sua storia fatta di successi, ma anche di mille segrete incertezze e paure, di coraggio e rapidità di decisioni. Una storia che nel 1940 dovette registrare anche un furioso bombardamento nella sede di Corso di Porta Nuova, quando la fabbrica contava già 1200 operai. Ma Irradio non era per questo morta e riprendeva dopo pochi anni il suo ritmo di lavoro in un’altra sede rammodernata in via Aprica. Nasceva il televisore e sulle strade d’Italia un cartellone pubblicitario con una figuretta gentile al microfono, un grazioso disegno di una donna fasciata in un vaporoso vestito, sorridendo mutava il suo slogan in “ la visione che incanta”
Al 1957 l’Irradio è in via Faravelli in quei nuovi quartieri di Milano che si estendono oltre Corso Sempione, con un area di settemila metri quadri e 370 dipendenti. La catena di montaggio Flowing, prima in Europa, da la scadenza della produzione e sforna un televisore ogni 4 minuti e 12 secondi.
Il maggiore sviluppo fu dunque quando alla fine degli anni ’30 produceva ottimi apparecchi, quelli con la scala parlante inclinabile, su licenza della Blaupunkt tedesca.
Ditta Capriotti (marchio KENNEDY). (da AIRE)
La ditta Capriotti con sede a Genova fu fondata nel 1924. Importava apparecchi radio e componenti dalla Colin Kennedy Co. di San Francisco (USA). L'iniziale successo fu frenato dalla politica autarchica del regime negli anni '30, costringendo la società a produrre localmente sempre con il marchio Kennedy. Questa operazione di mantenimento di un marchio di successo fu, però, attuata (siamo nella seconda metà degli anni '30) mettendo all'esterno la costruzione degli apparecchi. Infatti Kennedy fu uno dei marchi INFIN che già produceva per il marchio Magnadyne. La produzione prosegui sino alla fine degli anni settanta, quando tutto il settore andò in crisi. La qualità tecnica dei prodotti non fu mai di particolare livello, mentre lo stile dei mobili ebbe qualche sussulto di originalità (mod.K540).
al 1938: Olivieri e Glisenti, soc. an. Radio Lambda, Torino via Biella,12
anno cost. 1924, capitale soc. 425 000
al 1928: Magnadyne radio, Torino, via di S. Ambrogio, 10 anno cost. 1926
Per Magnadyne ha progettato l'architetto Carlo Mollino già prima del 1930. Fu, insieme alla CGE la quale si avvalse dell'architetto Piero Bottoni per la progettazione delle prime radio. Furono antesignane dell'utilizzazione del contributo degli industrial designer, mestiere apparso in USA negli anni'30, ma non effettivo fino al secondo dopoguerra.
Carlo Mollino, nella foto, figlio di un grande architetto torinese, fu una personalità molto eclettica e progetto, mobili, appartamenti ed arredi vari. Progettò la famosa auto bisiluro diTaruffi, auto da corsa per la Osca, i suoi aeroplani, fu maestro di sci, fu un fecondo fotografo di nudo femminile, antesignano di pose molto osè. Il suo stile tendeva al surrealismo tanto che un suo disegno di tendenza surrealista ispira le scale di apparecchi radio che progettò in esemplari unici il primo nel 1942, poi per Minola House nel 1946, per Picolis nel 48 , per la famiglia Bressi (vedi Domus n°229 del 1948 pag 26). Quelli che conosco erano radiogrammofoni su trolley, molto asimmetrici; quello per Minola House era in acero con coperchio scorrevole.
La Magnadyne, contrariamente a quanto molti credono, a causa da una “y” che appare nella ragione sociale della ditta, è un’industria assolutamente italiana. Fu l’ing. Paolo Dequarti, fondatore dell’industria, che le diede questo nome il cui significato etimologico è “grande forza”. Al 1957 aveva l’ufficio amministrativo, la direzione, il laboratorio esperienze, le officine ed alcuni reparti per la costruzione di parti staccate nella nuova sedi di via Avellino a Torino.
Dai f.lli Riello di Torino:
Il fondatore della Ditta, Paolo Dequarti, iniziò ad occuparsi di costruzione di apparecchi radio a partire dal 1922 a 16 anni. Adempiuto l’obbligo di leva nel 1927 riprese la sua attività appoggiandosi al sig. Mario Pesce, titolare della ditta “Accumulatori Ohm”. Si dette inizio alla Magnadyne Radio di Pesce Mario”, in cui il Dequarti era socio occulto. Era iscritta però ancora col vecchio nome Accumulatori OHM. Costruivano radio, accumulatori e frigoriferi. L’attività si svolgeva in via S. Ambrogio a Torino ed in un capannone poco distante di proprietà del cav. Candido Viberti.
Nel 1935 l’azienda arrivò ad occupare mille operai, producendo in proprio tutte le parti dell’apparecchio, escluse le valvole.
Nel 1937 Dequarti acquistò l’intero pacchetto azionario della SA ing. Clemente Diena e nel 1939 divenne Magnadyne SA.
Nel 1941 Pesce cedette a Dequarti la sua comproprietà per 12 milioni di lire, somma rilevante per quell’epoca.
Durante la seconda guerra mondiale lo stabilimento in via S,. Ambrogio fu completamente distrutto nella notte tra il 19 e 20 novembre del 1942, da un bombardamento. L’attività fu ripresa nel 1943 a S. Antonio di Susa.
Attorno al 1950 fu costituita l’attività produttiva NEOFAR per la costruzione di componenti sotto varie licenze USA.
Nel 1952 venne avviata la produzione di valvole termoioniche.
Nel 1953 fu costituita a Roma la soc. VISIOLA, sempre del Dequarti, per la produzione di apparecchi televisivi, infine nello stesso anno la soc. INFIN con sede in Friburgo. Tutte le competenze societarie vennero via via trasferite a quest’ultima e Magnadyne rimase solo un nome di prodotto. A cavallo degli anni ’60 sorsero ben 12 società, nel ‘61-62 si iniziò la produzione di transistors. Il mercato si contrasse a fine anni ’60 e nel 1971 fu chiesta l’amministrazione controllata. Nacque la SEIMART costituita dall’ente governativo GEPI fondato con lo scopo di salvare le industrie in crisi.
la Magnadyne aveva costruito anche col marchio Kennedy per la ditta Capriotti di S.Pierdarena.
al 1938: Marconi Officine Radiotelegrafiche, direzione gen. Roma, via Condotti, 11. Officine costruzione Genova, via Varese, 3.
vedi anche sito www.bertibenis.it
al 1938: Marelli, Fabbrica Italiana Magneti, Milano corso Venezia, 22.
anno cost. 1919, capitale 12 000 000. Presidente S.E. Antonio Stefano Benni, amm. del. Gr. Uff. Bruno Ant. Quintavalle. Proc gen. Ing. Umberto Quintavalle. Stabilimento a Sesto S. Giovanni, MI
Radiomarelli
Da un comunicato d’epoca.
La Radiomarelli è sorta nell’aprile 1930 in occasione della Fiera di Milano, ove fu esposto il primo apparecchio il Musagete I che venne messo in vendita nel giugno 1930.
In soli due anni si è impossessata del mercato italiano occupando ora il primo posto fra le industrie radiofoniche italiane; ha messo sul mercato una diecina di modelli, debellando qualsiasi concorrenza ed emancipando l’Italia dall’estero.
La fabbricazione degli apparecchi Radiomarelli fu ideata dall’On. senatore Agnelli, il fondatore e Presidente della Fiat e dall’On. Benni il Presidente della Ercole Marelli & C., e tradotto in pratica dal Comm. Quintavalle, consigliere Delegato della Fabbrica Italiana Magneti Marelli.
Gli apparecchi Radiomarelli, si fabbricano infatti in uno degli stabilimenti della Magneti Marelli, occupando nel solo riparto radio, oltre 800 operai.
L’organizzazione commerciale, affiancata da tecnici competenti, si estende in tutta Italia con oltre 300 Rivendite autorizzate.
al 1938: Soc. Industriale dell'Aquila, soc. An., Genova-Conigliano, via Garibaldi, 54
La Soc. Industriale dell'Aquila costruiva per la Minerva Radio
Nel 1939 la società costruttrice delle radio Minerva, soc. An. Industriale dell'Aquila, si trasferisce nei nuovi locali di via Brioschi, 15, Milano. I vecchi stabilimenti in via Meda non erano più sufficienti a soddisfare il continuo aumento di produzione.
Ogni parte degli apparecchi viene costruita in proprio; la fabbrica è organizzata in tre piani ed il montaggio si svolge a catena a mezzo di carrelli scorrevoli sui quali il telaio passa ai successivi operatori per il montaggio delle nuove parti. Le scale parlante dei nuovi apparecchi sono state adeguate alla conferenza di Montreux che entrerà in funzione solo nel 1940. Intanto agli utenti dei nuovi apparecchi verrà fornita una tavola di ragguaglio che consentirà l'individuazione delle stazioni alle vecchie e nuove frequenze.
aggiunta
minerva radio austria
La storia inizia nel 1890 quando Wilhem Wohlber nasce ad Heidelberg. Nel 1919 questo fonda a Vienna una ditta di articoli elettrotecnici. Nel ‘24 la radio arriva in Europa e nella sua ditta inserisce la produzione di apparecchiature radio. La piccola ditta si chiama RADIOLA. Produce con diversi nomi, RADIOGLOBE, RADIOLA e RADIOPA. Il problema nasce quando questi apparecchi si diffondono, a causa dell’omonimia con la produzione di Case maggioro USA e francesi. Nel 1927 prese così il nome MINERVA, malgrado che in Germania la ditta Carl Lochman, Berlino, avesse lo stesso nome. La ditta si espanse fino ad arrivare ad estendere all’estero le sue licenze. Minerva Italia, Titan svizzera ed Elektit in Francia. Nel 1938 si arrestò lo sviluppo con l’annessione dell’Austria alla Germania e le fu affidata la produzione dei popolari tedeschi DKE e VE.
Con le bombe del 945 e l’occupazione da parte della Russia sembrava tutto finito, ma presto tornò sul mercato. Nel 1950 morì, sessantenne, il suo fondatore e la ditta passò alla moglie Elisabeth e l’ing. Egon Mally divenne direttore. Il primo portatile a transistor in Austria fu della Minerva.
Nel 1969 il possesso passò a Max Grundig.
Nel 1937 la Minerva austriaca strinse un accordo con la ditta italiana S.A.Minerva, in seguito S.A. Ind. Luigi Cozzi Dell’Aquila, Milano, via Broschi 15.
In Italia era presente una industria radiotecnica ben sviluppata e l’esportazione di ricevitori in quel Paese non era tanto semplice a causa delle protezioni doganali. Così iniziò la produzione italiana, su licenza. All’inizio gli apparecchi furono repliche di quelli della Casa madre, ma in breve tempo le valvole americane, insieme alle Telefunken WE italiane sostituirono le originali e nella circuitistica fu inserito il finale controfase, non usato nella produzione austriaca.
Il coinvolgimento della Casa madre nella produzione bellica non influenzò la Casa italiana che anche nel 1945, subito dopo la guerra mise sul mercato apparecchi civili.
Dopo guerra furono usate valvole della serie rossa, poi le Rimlock. Tra il 50 ed il 53 la scarsità di valvole europee porto di nuovo all’uso di valvole americane, ed analogamente a Vienna furono boicottate le valvole Philips.
Negli anni successivi la produzione italiana non aveva niente a che fare con quella austriaca: finitura elegante, legni nobili, pelle ecc.
Nel 1968-69 la signora Wohlber vendette tutto a Max Grundig. Questo interessò anche lo stabilimento italiano che fu condotto da Grundig almeno fino al 1980.
al 1938: Purovox Radio Nova, Officine costruzioni radioelettriche, Milano, via P.ta Alleanza,7
anno cost. 1936, amministratore unico Dr. Sandro Novellone
Il sig. Di Martino con l’ausilio finanziario di alcuni soci ha creato una nuova industria con criteri arditi. La OREM, Officine Radio Elettriche Meccaniche, via Durini,5,Milano, stabilimento a villa Cortese, Legnano.
Venendo incontro a nuove concezioni sociali ha immediatamente risolto il problema della compartecipazione della maestranza alle fortune dell’azienda. Parleremmo di socializzazione se questo nome non fosse legato a esperimenti di natura demagogica tentati dal passato regime. Qui la maestranza, costituita da uno scelto gruppo di artigiani, entra a far parte dell’elemento padronale in quanto ne condivide gli utili.
L’attrezzatura è pronta per la fabbricazione di condensatori variabili,trasformatori per tutti gli usi, cestelli e nuclei per altoparlanti, gruppi MF, AF, impianti completi e parti per i dilettanti. Nel campo dei ricevitori completi troviamo “il Patriota”, speriamo che il nome sia ben augurante e si contrapponga ad altri nomi del tempo antico che hanno avuto meno successo anche se imposti dalla farraginosa burocrazia di un partito che ha fatto il suo tempo. Questo apparecchio verrà venduto con speciali condizioni e combinazioni agli ex partigiani e volontari della libertà.
Altri ricevitori avranno nomi di musicisti italiani. Un nome caro all’Amministratore è Bellini. Un grande radiofonografo verrà dedicato a Verdi.
Philips Radio soc. An. Italiana, Milano, via Bianca di Savoia, 18
anno cost. 1925, capitale versato £ 4 400 000
Stabilimenti Milano via Padova, 115, Monza via Borgazzi,21.
Presidente dr. Erso Zampini, cons. del. sig. Carlo Nossent.
philips
Piccolo di statura, oltremodo pallido e magro, con quello sguardo legnoso dei dagherrotipi, e i baffoni a Grouco Marx, era Frederik l’unico socio rimasto in vita della “ Pelletier&Philips”, piccola ma solida ditta di import export di caffè e tabacchi, con sede a Zaltbommel, uno dei tanti paesini nati per caso e nell’incerto tra l’intricata rete dei canali olandesi.
Le preziose merci che, verso la metà dell’800, provenivano dalle interminabili rotte delle Indie olandesi, si tramutavano nella penna di Frederik in sonanti fiorini, e dalla piccola Zaltbommel, percorsa da neri barconi e chiatte ricolmi di tulipani, doveva partire più tardi una delle più potenti società con diramazioni e sedi in tutto il mondo, ma di tuttaltro genere.
Anche questa doveva nascere da un hobby.
Lasciando che il figlio Gerard si rinchiudesse in uno stanzino a trafficare, smontare, ricuocere e stagnare alla lunga fiamma di un becco a gas quei misteriosi bulbi di vetro che allora erano le prime lampade a filamento di carbone; lasciando covare questa passione del figlio; aiutandolo nel suo hobby, e poi nell’iscrizione alla Delft University, Frederik non immaginava certo che dopo poco tempo, quando ormai era da considerarsi un agiato mercante di provincia, la sua vita- che aveva superato il traguardo dei non più verdi 52 anni- avrebbe dovuto cambiare completamente corso.
Era l’epoca delle grandi invenzioni, e le nuove generazioni mordevano il freno del secolo che incalzava frenetico” Che cosa ha fatto Iddio!” era lo stupefacente messaggio che morse aveva trasmesso nel maggio del 1884 da Washington a Baltimora. Barsanti e Matteucci, due italiani all’estero, avevano ideato il motore a scoppio. Meucci all’Avana inventava il telefono. In Francia i fratelli Lumiere stupivano la colta e l’inclita folla domenicale con lo sfrigolio della loro diabolica macchina cinematografica.
Quando nel 1883 Gerard si licenziò laureato in ingegneria meccanica, lo lasciò perfettamente indifferente il fatto che il padre quasi ebbe da slogarsi una mascella dallo stupore, ma ugualmente -con spietato amore filiale- gli chiese i soldi necessari per intraprendere gli studi di specializzazione tecnica sulla nuova scienza dell’elettrotecnica.
Sei anni dopo Gerard era in grado di presentare al padre un complicatissimo piano per dare il via alla fabbricazione in serie di lampade a filamento. E così nasceva il 15 maggio 1891 con personale in forza costituito da 5 giovani operai-non necessariamente specializzati- il primo nucleo della ditta Philips.
L’anno successivo il personale era raddoppiato, e poi divenne il triplo in un altro anno di lavoro. Ma nella crisi del 1894, tutto sembrava dover crollare intorno a loro. Furono momenti eccezionalmente difficili, tanto che il vecchio-nostalgico mercante- consigliò addirittura di vendere tutto. Ma non trovarono un solo compratore disposto alla pazzia d’un acquisto fallimentare. Ebbero solo l’avventura di trovare un altro socio, e per giunta senza apporto di capitali!: il fratello Anton di appena 21 anni. Superata la crisi, il ritmo di produzione riprese frenetico, e quando il vecchio Frederik morì nel 1900 all’età di 69 anni, ebbe la soddisfazione di vedere la ditta risalire dalle posizioni disastrose del 1894 ad una posizione estremamente florida.
Nel 1927 la Philips contava già 20.000 operai e invadeva il mondo commerciale con il primo stock dei suoi apparecchi radio, veri gioielli dell’epoca.
Il camino di questa grande organizzazione non ebbe più soste. Nemmeno con i massicci bombardamenti del 1942 che distrussero un terzo delle sue fabbriche.
Da Rotterdam a Parigi, a Berlino, a New York, a Chicago, a Buenos Aires, nel Messico, in Marocco, in India, la lunga mano del vecchio Philips –che si ramifica attraverso 47 grandi complessi industriali con più 200.000 collaboratori diretti- vi da oggi una tiratina alla giacca, e dalla vostra tasca saprà abilmente cavare qualcosa. Perché di qualcosa di Philips certamente avrete bisogno: un rasoio elettrico, un flash fotografico, un radar, un televisore, un microscopio elettronico, un apparecchio per sordi, un apparecchio telefonico, un grammofono, una radio, un giradischi un amplificatore, una lampada, una costosa attrezzatura ospedaliera o qualche tonnellata di carta dalle sue perfette cartiere olandesi. Poi produce anche pillole vitaminiche per uomini ed animali! Non lo sapevate?
Non certo meno ricca di magnifici uffici è la sede milanese in Piazza 4 novembre, che con i suoi undici piani si eleva nel prospetto della stazione centrale. Qui è il cuore della produzione Philips in Italia. Già nel 1957 la rete di distribuzione di apparecchiature era vastissima e fu dato l’assalto alla roccaforte del sud con una rete che anticipò il servizio RAI-TV che ancora non si era spinto in quei luoghi.
FIMI
La delegazione ARI nel settembre 1932 visita a Saronno lo stabilimento della FIMI, ricevuta dal Consigliere delegato ing. Corbellini e dall’ing Pellaccini, Garuffi e Roscello
al 1938: FIMI Soc. An. Saronno, via Saul Banfi, Milano, via Fatebenefratelli, 10-12-14
Anno cost. 1925, capitale nomin £ 2 400 00, versato £ 1 800 000
Presidente Dr Gian Piero Corbellini, amm. delegato Ing. Felice Cattaneo.
da Roberto Cecchi di Empoli.
All’inizio del 1931 la Soc. Commerciale ALCIS di Milano commercializzava i prodotti (radio e componenti) col marchio Phonola e costruiti dalla ditta FIMI di Saronno, che in origine era una fabbrica di apparecchiature industriali di sollevamento. Alla fine del 1931 era la FIMI stessa che commercializzava il marchio Phonola.
Si Iniziò con la produzione di apparecchi radio che, se non erano delle vere e proprie scatole di montaggio, erano comunque costruiti con materiali provenienti dall’America. Il proprietario si chiamava Corbellini.
I primi apparecchi a cupoletta si distinsero per la robustezza meccanica e l’eleganza del mobile, caratteristiche che la ditta mantenne fino alla seconda guerra mondiale.
La prima produzione apparve anche con il marchio Darling, seguì poi la serie Oro e la serie Alcis, tra i quali gli ottimi Transoceanici e la serie Ferrosite (dal nucleo delle bobine di materiale ferroso).
Fin dagli inizi si avvalse di un ingegnere, del quale non conosciamo il nome, che nel 1935 morì annegato nel lago di Como.
Dopo questo evento la ditta affidò la progettazione e la direzione all’ing. Dottorini, che proveniva da Perugia dove in precedenza, insieme all’ing. Antonini aveva avuto una piccola fabbrica di apparecchi radio, poi chiusa con esperienze negative.
Sotto la nuova direzione, mantenendo la caratteristica della qualità, la ditta ebbe un impulso grandissimo e produsse, fino alla seconda guerra mondiale, una vastissima gamma di apparecchi radio, dai più economici, come suggeriva il regime, a quelli di grande pregio, sia da tavolo che a consolle, come il Telesinto, Neosinto, Radioconverto e degli eleganti portatili a batteria.
La guerra interruppe per circa un anno la produzione, che riprese alla metà del 1945.
Il nuovo proprietario era il conte Poss. Non ci risulta che la Phonola abbia prodotto apparecchiature militari.
Negli anni ’50 la produzione cominciò a cambiare,ancora discreta, ma non cambiò in meglio. Durante la Guerra la Phonola produceva per la Crosley, Siemens e Minerva; dopo la guerra per la Siemens, Philips, Minerva, Grundig.
Per la grande catena di distribuzione REFIT produceva con i marchi Kosmpophon e Panradio.
Negli anni ’60 costruì filodiffusori per quasi tutte le marche.alessandro poss
Nel 1957 muore il Conte Alessandro Poss di Verbania. Di famiglia oriunda del trentino, suo padre aveva fin dal 1885 un impianto di tessitura meccanica, poi a Saronno spina dorsale del complesso cotoniero realizzato successivamente da Alessandro. Nel 1913 inizia la produzione di tele per pneumatici, monopolio dei francesi fino ad allora. Nel 1918 concorre alla realizzazione della “Soie di Chatillon”, produttrice di rayon, allora nuovo tessile artificiale. La tela dell’aereo del volo di De Pinedo fu da loro prodotta. A Saronno la sua opera fu determinante per il definitivo potenziamento della S.A. FIMI, con le radio Phonola. Per i suoi meriti fu nominato Senatore del Regno e Conte di Verbania.
SIPAR è la sigla della Società Italiana Pope e articoli Radio che continua immutata l'antica Ditta Agenzia Italiana Lampade Pope. Modificando la propria ragione sociale l'azienda ha assunto la vendita esclusiva per l'Italia anche delle note valvole VALVO prodotte dalla Rado Ruhrenfabrik di Amburgo ed ha iniziato la fabbricazione degli apparecchi Pope Radio a 3, 4, 5valvol.
Da L'Antenna 15 ottobre 1933
al 1938: SAIRA Soc. An. Già Radiofar, Milano, via Porpora, 93
al 1938: SLIAR Genova Sampierdarena, Vico del campo,4